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MALA PARATA
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MALA PARATA

A Mosca, il 9 maggio scorso, per il 64esimo anniversario della fine della Seconda Guerra Mondiale, ha sfilato di tutto e di più. una vetrina ostentata di uomini, armi e mezzi a costi spropositati.
In Islanda, invece, esiste solo una forza di peace-keeping. Una parata potrebbe durare dai tre ai quattro minuti, costo stimato 235 euro.
 
Ma veniamo a noi. Ricca cerimonia presso l’ippodromo militare, alzabandiera, carosello di lance, costritti ed attendenti, finta carica di cavalleria, sfoggio di galloni, schieramento della brigata di formazione, sventagliata di medaglieri ed insegne, conferimento di onorificenze, reminescenze da casermaggio ripulito e triccheballacche, partecipazione del capo dello Stato e del ministro della Difesa:  questo il programma per giovedì 9 maggio in occasione della festa per i 152 anni del nostro Esercito, ma tutto è andato a carte quarantotto.
E lo stesso è accaduto il 16 maggio per la festa della Polizia in piazza del Popolo a Roma e lo stesso accadrà per quella della Guardia di Finanza il 20 giugno allo stadio dei Marmi sempre nella Grande Bellezza romana.
Resta salva solo la paratuccia militare del 2 giugno ma ci saranno mezzi risicati, qualche carrarmatino da collezione e male in arnese, cavalli scampati alle polpette di Ikea, modellini di elicotteri Mattel, aereucoli ad elastico, e giusto qualche plotoncino sparuto in marcia sfoggiando magari un novello passo dell'oca con rischio menisco e crociati per miserelli trequartodorini di sfilatina.
Le Freccette Tricolori, simbolo della parata, rimarranno ai box, ma le celebrazioni di quest’anno sembrano tutte improntate al risparmio (niente aperitivo e tramezzini al Quirinale).
«Ridefinire le modalità di organizzazione delle feste delle singole forze armate, dei corpi militari e dei corpi non armati dello Stato»: questo il diktat del Presidente del Consiglio Enrico Letta.
Il risparmio dovrebbe essere consistente perché ogni festa dei corpi militari e di polizia si celebrava prima in pompa magna e ricchi cotillons e poi veniva ribadita nei capoluoghi di provincia e magari nelle sedi comunali e forsanche in oscure riunioncine in seno ai cortili municipali.
Quest'anno si spera di non scavallare l'equivalente del rimborso elettorale alla lista Di Pietro (che non esiste più). Più o meno tre miserabili milioncini di euro inservibili per altri (L)usi...
 
Certo abbattendo del tutto il Ministero della Difesa qualche soldino in più lo raggrenelleremmo pure, ma prestando il fianco alle mire espansionistiche di San Marino.
E non ci sembra proprio il caso di rischiare.
 
 
“Nel giugno del 1948 per la prima volta in Via dei Fori Imperiali a Roma ospitò la parata militare in onore della Repubblica. L'anno seguente, con l'ingresso dell'Italia nella NATO, se ne svolsero dieci in contemporanea in tutto il Paese mentre nel 1950 la parata fu inserita per la prima volta nel protocollo delle celebrazioni ufficiali.
Il cerimoniale prevede la deposizione di una corona d'alloro al Milite Ignoto presso l'Altare della Patria e una parata militare alla presenza delle più alte cariche dello Stato.
Alla parata militare e durante la deposizione della corona d'alloro presso il Milite Ignoto, prendono parte tutte le Forze Armate, tutte le Forze di Polizia della Repubblica ed il Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco e della Croce Rossa Italiana. Nel 2005, l'allora Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi ordinò che sfilassero anche il Corpo di Polizia Municipale diRoma in rappresentanza di tutte le Polizie Locali d'Italia ed il personale civile della Protezione Civile. Prendono inoltre parte alla parata militare alcune delegazioni militari dell'ONU, dellaNATO, dell'Unione Europea e rappresentanze di reparti multinazionali che presentano una componente italiana.
Dalla sua istituzione sino alla sua temporanea abolizione, la parata militare poteva contare sulla sfilata di maggiore personale. Dopo la re-introduzione l'organico defilante fu ridotto notevolmente e nel 2006 venne praticamente eliminata la presenza di mezzi terrestri ed aerei per ragioni di bilancio.
La cerimonia prosegue nel pomeriggio con l'apertura al pubblico dei giardini del palazzo del Quirinale, sede della Presidenza della Repubblica Italiana, con esecuzioni musicali da parte dei complessi bandistici dell'Esercito Italiano, della Marina Militare Italiana, dell'Aeronautica Militare Italiana, dell'Arma dei Carabinieri, della Polizia di Stato, della Guardia di Finanza, del Corpo diPolizia Penitenziaria e del Corpo Forestale dello Stato.

La Festa del 2 giugno ricorda ciò che è accaduto sessantasei anni fa, il 2 giugno del 1946: ricorda il referendum istituzionale, che ha abolito la Monarchia e istituito la Repubblica; ricorda la scelta dei rappresentanti all’Assemblea Costituente, eletti a suffragio universale (per la prima volta votano anche le donne). Il lavoro dell’Assemblea Costituente ha prodotto una Costituzione che è tuttora tra le più belle dell’intero Occidente (e se fosse integralmente rispettata sarebbe una vera meraviglia). Una Costituzione che, tra le altre cose, all’art. 11 dice che «L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali».
E allora, perché mai l’esibizione della forza militare con una parata davanti alle massime autorità dello Stato sarebbe un riassunto simbolico di quelle vicende e dei valori della Costituzione repubblicana? Sebbene sia chiara l’importante funzione che l’esercito svolge nella cornice istituzionale di una Repubblica, come si può accettare che solo i militari offrano una sintesi simbolica dei valori della Repubblica?
Qualcuno poteva nutrire ancora un’idea di questo genere quando l’esercito era basato sulla coscrizione obbligatoria e si poteva usare la retorica della «nazione in armi»; ma adesso che l’esercito è un corpo professionale, né più né meno di tanti altri che costituiscono l’intera struttura della società italiana, proprio non si capisce quale centralità simbolica gli si possa affidare.
E dunque, perché la parata militare? Perché – consciamente o inconsciamente – l’immaginario di coloro che hanno adottato questa soluzione è abitato dal ricordo delle parate militari fasciste o di quelle, pure numerose, che si tenevano nel Regno d‘Italia pre-fascista. Far sfilare l’esercito era una esplicita dichiarazione di mascolinità combattente, di esaltazione del sacrificio bellico, di educazione a uccidere e ad essere uccisi. Vi sembra che esageri? Allora andatevi a prendere Cuore di De Amicis, e leggete la pagina che si intitola L’esercito, 11 giugno, domenica: (“Viva l'Esercito, Viva l'Italia, raffigurati, di là dei reggimenti che passano, una campagna ricoperta di cadaveri ed allagata di sangue, ed allora l'evviva all'esercito t'escirà dal più profondo del cuore, e l'immagine dell'Italia t'apparirà più severa e più grande”)
lì si vede chiaramente che tipo di valori simbolici si volevano trasmettere alle giovani generazioni con le parate militari: esaltazione della nobiltà della guerra, della bellezza del morire, dell’eticità del dare la morte.
Beh, liberiamoci di questo passato. E aboliamo per sempre la parata militare. E se vogliamo continuare a ricordare una bella data, come quella del 2 giugno del 1946, potremmo farlo organizzando – che so? – una bella sfilata di bambini e bambine che vengano da tutte le parti d’Italia; una sfilata colorata, rumorosa e allegra, che celebri con gioia i valori della Repubblica, e impegni tutti quanti gli adulti a costruire un buon domani per le future generazioni d’Italia.” (Alberto Maria Banti)
 
 
Il governo dimissionario stanzia 900 milioni per le varie missioni e solo 35 per la cooperazione. Nel decreto, forniture omaggio per Eritrea e Pakistan
Il Governo dei Professori, dimissionario, ha stanziato con il decreto-legge di fine anno circa 900 milioni di euro per le decine di missioni militari in cui sono impegnati migliaia di soldati italiani, per il periodo 1° gennaio -30 settembre 2013 e appena 35 milioni per la cooperazione allo sviluppo. 
In particolare circa 450 milioni saranno spesi in Afghanistan, 119 in Libano, una cinquantina nei Balcani, 34 milioni nelle missioni antipirateria dell'Unione europea e della Nato e ben 144 milioni per la stipula dei contratti di assicurazione e di trasporto e per la realizzazione di infrastrutture, relativi alle missioni stesse. 
Il provvedimento stanzia 7,6 milioni di euro per continuare l'impiego di personale militare in attività di assistenza, supporto e formazione in Libia. Il Trattato di amicizia italo-libico è di fatto ancora vivo, nonostante anche il nuovo regime non brilli nel rispetto delle libertà fondamentali. Nella ex colonia operano anche uomini della Guardia di finanza per rimettere in efficienza, garantire la manutenzione delle navi cedute dall' Italia e per addestrare la Guardia costiera libica, in esecuzione degli accordi di cooperazione tra i due Governi per fronteggiare l'immigrazione clandestina. A tale scopo sono destinati 4,6 milioni di euro. La missione soccorrerà i profughi o cercherà di fermarli in mare e rispedirli in Africa?
Un'altra perla del decreto interessa il Mali. Due milioni di euro sono destinati per la partecipazione di personale militare alla missione dell'Unione europea denominata Eucap Sahel Niger e alle iniziative dell'Unione europea per il paese africano. Si annuncia un'altra guerra umanitaria in Africa? Ricordiamo che questo è un frutto avvelenato della guerra che ha causato la caduta di Gheddafi, molte delle armi degli arsenali libici e dei mercenari che hanno combattuto in Libia stanno destabilizzando il Mali e altri paesi limitrofi. Nessuno si interroga sul risultato di aver contribuito con «il maggior impegno della nostra aviazione dalla fine della 2a guerra mondiale» a un nuovo regime che per molti motivi non è migliore del precedente. 
Altri contenuti salienti del decreto sono inerenti il Pakistan e Gibuti. Il primo è un ambiguo alleato nella guerra afghana, cui l'Italia regala ben cinquecento veicoli blindati M 113: forse ci costava di più la distruzione di mezzi militari ormai superati, ma questa fornitura non rafforzerà gli sforzi di pace, dopo più di un decennio di un conflitto disastroso. In vista del ritiro del 2014 dall'Afghanistan bisognerebbe, invece, rafforzare la cooperazione civile, le infrastrutture per migliorare l'infima qualità della vita degli afgani.
Si tratta di un discorso vecchio: nonostante la retorica della missione di pace, al settore civile vanno solo le briciole, circa un decimo di quanto viene speso per la guerra. Infine, a Gibuti, un paese nevralgico nella lotta al terrorismo, in cui sono presenti basi Usa per controllare l'accesso all'Oceano Indiano e da cui partono i droni, regaliamo tre veicoli blindati e 10 semoventi. E ancora, all'Eritrea retta da un regime dittatoriale, del tutto isolato a livello internazionale, regaliamo materiale ferroviario fuori uso. Anche se la fornitura non vale molto si tratta di un segnale politico, verso un regime screditato e tirannico. 
Le Camere sciolte dovranno approvare un provvedimento di grande rilevanza politica e militare, senza poterlo di fatto modificare. Mentre il paese si impoverisce, la risposta del governo, ancora una volta è quella di privilegiare le spese militari
(www controlacrisi . org /notizia /Politica/2013/1/2/2970 - litalia-che-investe-sulla-guerra/)

Estratto



da Antonio Mazzeo - 10 gennaio 2012
“Le operazioni condotte nel 2011 sui cieli libici hanno rappresentato per l’Aeronautica Militare italiana l’impegno più imponente dopo il 2° Conflitto Mondiale”. È orgogliosissimo il Capo di Stato maggiore delle forze aeree, generale Giuseppe Bernardis. L’Italia repubblicana ha conosciuto i teatri di guerra dell’Iraq, della Somalia, del Libano, dei Balcani, dell’Afghanistan e del Pakistan, ma mai avevamo sganciato tante bombe e tanti missili aria-terra come abbiamo fatto in Libia per spodestare e consegnare alla morte l’ex alleato e socio d’affari Muammar Gheddafi. Una guerra record di cui però è meglio non andare fieri: secondo i primi dati ufficiali – ancora parziali – i nostri cacciabombardieri hanno martoriato gli obiettivi libici con 710 tra bombe e missili teleguidati.  
Cinquecentoventi bombe e trenta missili da crociera a lunga gittata li hanno lanciati i “Tornado” e gli AMX dell’Aeronautica; centosessanta testate gli AV8 “Harrier” della Marina militare. Conti alla mano si tratta di quasi l’80% delle armi di “precisione” a guida laser e GPS in dotazione alle forze armate. Un arsenale semi-azzerato in poco più di centottanta giorni di conflitto; il governo ha infatti autorizzato i bombardamenti solo il 25 aprile 2011 (56° anniversario della Liberazione) e la prima missione di strike in Libia è stata realizzata tre giorni dopo da due caccia “Tornado” decollati dall’aeroporto di Trapani Birgi.
“Le munizioni utilizzate dalle forze aeree italiane sono state le bombe GBU-12, GBU-16, GBU-24/EGBU-24, GBU-32, GBU-38, GBU-48 e i missili AGM-88 HARM e Storm Shadow, con una percentuale di successo superiore al 96%”, elenca diligentemente lo Stato Maggiore dell’AMI. Inutile chiedere cosa o chi sia stato colpito nel restante 4% degli attacchi dove sono state sganciate più di trenta bombe di “precisione”. Dettagliata è invece la descrizione del documento “Unified Protector: le capacità di attacco dell’AM” (6 giugno 2011) sulle caratteristiche tecniche di questi strumenti di distruzione e di morte. “I sistemi d’arma a guida laser sono stati sviluppati negli anni ‘80 con i primi test eseguiti dalla Lockheed Martin e sono stati utilizzati nei più recenti conflitti, dalla guerra del Golfo alle operazioni sui Balcani, Iraq e Afghanistan”, scrivono i comandanti delle forze aeree. “La GBU-16 è un armamento a guida laser Paveway II, basato essenzialmente su bombe della serie MK83 da 495 Kg. Della stessa famiglia di ordigni fa parte la GBU-12 (corpo bomba MK82, 500 libbre). La GBU-24 è invece un armamento basato essenzialmente sia sul corpo di bombe della serie MK da 907 Kg. che delle bombe penetranti BLU-109 modificate con un kit per la guida laser Paveway III. Sviluppato per rispondere alle sofisticate difese aeree nemiche, scarsa visibilità e limitazioni a bassa quota, l’armamento consente lo sgancio a bassa quota e con una capacità di raggio in stand off (oltre 10 miglia) tale da ridurre le esposizioni”. Ancora più sofisticate le bombe GBU-24/EGBU-24, guidate con doppia modalità GPS e laser ed usate “per distruggere i più resistenti bunker sotterranei” e le GBU-32 JDAM (Joint Direct Attack Munition) da 1.000 e 2.000 libbre, che possono essere lanciate in qualsiasi condizioni meteo, sino a 15 miglia dagli obiettivi, “per ingaggiare più target con un singolo passaggio”.
“Lo Storm Shadow è un missile aviolanciabile con telecamera a raggi infrarossi a guida Gps che può colpire obiettivi di superficie in profondità, a prescindere dalla difesa aerea, grazie alle sue caratteristiche stealth”, recita il report dell’Aeronautica. Sviluppato a partire dal 1997 dalla ditta inglese MBDA, il vettore è lungo cinque metri, pesa 1.300 Kg, ha un raggio d’azione superiore ai 250 km e può trasportare una testata di 450 kg. “È utilizzabile contro obiettivi ben difesi come porti, bunker, siti missilistici, centri di comando e controllo, aeroporti e ponti. La carica esplosiva è infatti ottimizzata per neutralizzare strutture fisse corazzate e sotterranee”. Le coordinate del target e la rotta di volo dello Storm Shadow vengono pianificate a terra e successivamente inserite all’interno del missile durante la fase di caricamento sul velivolo. “Una volta lanciato, raggiunge l’obiettivo assegnato navigando in ogni condizione di tempo, di giorno o di notte in maniera assolutamente autonoma utilizzando gli apparati di bordo e confrontando costantemente la sua posizione con il terreno circostante”. L’altro missile aria-superficie impiegato dai caccia italiani è l’AGM-88 HARM (High-speed Anti Radiation Missile) della Raytheon Company, ad alta velocità e un raggio d’azione di 150 km, in grado di individuare e “sopprimere” i radar nemici.
Secondo il generale Bernardis, nei sette mesi di operazioni in Libia, “i velivoli dell’Aeronautica Militare italiana hanno eseguito 1.900 missioni con oltre 7.300 ore di volo, pari al 7% delle missioni complessivamente condotte dalla coalizione internazionale a guida NATO”. Attacchi e bombardamenti sono stati appannaggio dei cacciabombardieri “Tornado” versione IDS (Interdiction and Strike) del 6° Stormo di Ghedi (Brescia) e dei monoreattori italo-brasiliani AMX del 32° Stormo di Amendola (Foggia) e del 51° Stormo di Istrana (Treviso). Per la “soppressione delle difese aeree” e il controllo della no-fly zone sono stati impiegati i “Tornado” ECR (Electronic Combat Reconnaissance) del 50° Stormo di Piacenza, i cacciabombardieri F-16 del 37° Stormo di Trapani-Birgi e gli “Eurofighter 2000” del 4° Stormo di Grosseto e del 36° di Gioia del Colle (Bari). “L’AMI ha pure impiegato i velivoli da trasporto C-130 “Hercules”, i tanker KC-130J e Boeing KC-767 per il rifornimento in volo e, nelle ultime fasi del conflitto, gli aerei a pilotaggio remoto Predator B per missioni di riconoscimento”. Sui cieli libici hanno pure fatto irruzione un velivolo G.222VS “per la rilevazione e il contrasto delle emissioni elettromagnetiche” e un C-130 per quella che è stata definita dal comandante di squadra aerea, Tiziano Tosi, come una “PsyOP – Psycological Operation”, finalizzata a “influenzare a proprio vantaggio la coscienza e la volontà della popolazione interessata”. Su Tripoli e altre città libiche sono stati lanciati centinaia di migliaia di volantini, il cui testo è stato concordato con il Comitato nazionale provvisorio di Bengasi. “La Libia è una e la sua capitale è Tripoli”, il titolo. “Vi chiediamo di unirvi tutti e prendere la decisione giusta e saggia. Unitevi alla nostra rivoluzione. Costruiamo a Libia lontano da Gheddafi. Libia unificata, libera, democratica”. Quasi tutti i velivoli da guerra italiani sono stati schierati sulla base aerea di Trapani nell’ambito del Task Group Air Birgi, da cui dipendevano anche gli aerei senza pilota Predator B, operanti però dallo scalo pugliese di Amendola. Pisa e Pratica di Mare, gli aeroporti per le operazioni dei velivoli da trasporto o rifornimento. “Le operazioni d’intelligence, sorveglianza e ricognizione sono state effettuate grazie alla disponibilità di speciali apparecchiature elettroniche Pod Reccelite in dotazione ai “Tornado” e agli AMX”, scrive ancora lo Stato Maggiore. “Sugli oltre 1.600 target di ricognizione assegnati ai velivoli italiani, sono state realizzate più di 340.000 foto ad alta risoluzione, mentre circa 250 ore di filmati sono stati trasmessi in tempo reale dai Predator B”. Le missioni di attacco al suolo sono state pianificate e condotte “contro obiettivi militari predeterminati e definiti, o contro target dinamici nell’ambito di aree di probabile concentrazione di obiettivi nemici”. Probabile, dunque e non certa la concentrazione degli obiettivi militari. E gli effetti collaterali si confermano elemento integrante delle strategie di guerra del Terzo millennio…
I condottieri dell’Aeronautica Militare forniscono infine la percentuale delle ore di volo relative alle differenti tipologie di missione: il 38% ha riguardato pattugliamenti e “difese aeree” (DCA); il 23% attività di “sorveglianza e ricognizione” (ISR); il 14% l’attacco al suolo contro “obiettivi predeterminati” (OCA); l’8% la “neutralizzazione delle difese aeree nemiche” (SEAD); un altro 8% il rifornimento in volo (AAR); il 5% la “ricognizione armata e l’attacco a obiettivi di opportunità” (SCAR); il restante 4% “la rilevazione e il contrasto delle emissioni elettromagnetiche” (ECM). Come dire che ogni quattro velivoli decollati, uno serviva per colpire, ferire, uccidere.
Anche la Marina militare ha fornito dati numerici sull’intervento dei propri mezzi in Libia. Otto aerei a decollo verticale AV8 B Plus “Harrier”, stazionati sulla portaerei “Garibaldi”, hanno effettuato missioni di interdizione ed attacco per complessive 1.223 ore, utilizzando i missili aria-aria a guida infrarossa AIM-9L “Sidewinder”, quelli a medio raggio a guida laser “AMRAAM”, gli aria-terra “Maverick” e le bombe del tipo Mk82 ed Mk20. Una trentina gli elicotteri EH-101, SH-3D ed AB-212 assegnati ad Unified Protector, per complessive 3.311 ore di volo. Tremila e cinquecento gli uomini e le donne imbarcati su due sottomarini (“Todaro” e “Gazzana”) e quattordici unità navali (tre delle quali, “Etna”, “Garibaldi” e “San Giusto”, utilizzate in periodi diversi come sedi del Comando per le operazioni marittime NATO).
Come sen non bastasse, i vertici delle forze armate fanno sapere che l’80% circa delle missioni aeree alleate sono partite da sette basi italiane (Amendola, Aviano, Decimomannu, Gioia del Colle, Pantelleria, Sigonella e Trapani Birgi). “In questi aeroporti, l’Aeronautica Militare ha assicurato il supporto tecnico e logistico, sia per gli aerei italiani sia per i circa 200 aerei di undici paesi della Coalizione internazionale (Canada, Danimarca, Emirati Arabi Uniti, Francia, Giordania, Paesi Bassi, Regno Unito, Spagna, Stati Uniti, Svezia e Turchia), schierati sul territorio nazionale. In sostanza, il personale e i mezzi della forza armata sono stati impegnati in maniera continuativa per fornire l’assistenza a terra, il rifornimento di carburante, il controllo del traffico aereo, l’alloggiamento del personale, ecc.”. Piattaforma avanzata per il 14% di tutte le sortite aeree di Unified Protector lo scalo siciliano di Trapani, da cui sono transitati pure 300 aerei cargo e circa 2.000 tonnellate di materiale. Dalla Forward Operating Base (FOB) di Birgi, uno dei quattro centri di cui dispone la NATO nello scacchiere europeo, hanno operato anche gli aerei radar AWACS, “assetti essenziali alle moderne operazioni aeree per garantire una efficace capacità di comando e controllo”. Lo Stato Maggiore AMI ricorda infine “l’importante supporto di personale specializzato nel campo della pianificazione operativa offerto ai vari livelli della catena di comando e controllo NATO, attivata in tutta Italia”, all’interno del Joint Force Command di Napoli e del Combined Air Operation Center 5 di Poggio Renatico (Ferrara).
No comment invece sul costo finanziario sostenuto per le tremila missioni e le oltre 11.800 ore di volo dei velivoli italiani impiegati nella guerra alla Libia. Possibile però azzardare una stima di massima tenendo conto delle spese per ogni ora di missione dei cacciabombardieri (secondo Il Sole 24Ore, 66.500 euro per l’“Eurofigher 2000”, 32.000 per il “Tornado”, 19.000 per l’F-16, 11.500 per il C-130 “Hercules” e 10.000 per l’“Harrier”). Prendendo come media un valore di 20.000 euro e moltiplicato per il numero complessivo di ore volate, si raggiunge la spesa di 236.220.000 euro. Vanno poi aggiunti i costi delle armi di “precisione” impiegate (dai 30 ai 50.000 euro per le bombe a guida laser e Gps, dai 150.000 ai 300.000 per i missili “intelligenti”). Limitandosi ad un valore medio unitario di 40.000 euro, per le 710 munizioni sganciate sul territorio libico il contribuente italiano avrebbe speso non meno di 28.400.000 euro. Così, solo per “accecare” radar, intercettare convogli e bombardare a destra e manca abbiamo sperperato non meno di 260 milioni. Fortuna che c’era la crisi.”


Fortuna che ci rimanga la parata ora...
anche se, da parte nostra, speriamo che piova, ma forte, ed almeno per tutta la mattinata... 

Playlist film

Per il re e per la patria

  • Drammatico
  • Gran Bretagna
  • durata 90'

Titolo originale King and Country

Regia di Joseph Losey

Con Dirk Bogarde, Tom Courtenay, Leo McKern, Barry Foster, James Villiers

Per il re e per la patria

In streaming su Plex

vedi tutti

Sicuramente non ci sarà il Re e la Patria latita ormai da tempo, ma il parterre s'avvarrà comunque di svariate inutili personalità che quest'anno, causa risparmio forzoso, NON vedranno sfilare i nocchieri, i palombari, i siluristi, i boy scouts; radaristi, furieri, e l'esercito della salvezza, la Guardia armata padana, i crocerossini cavallerizzi, la brigata distaccata dei motoristi navali, la flottiglia di complemento degli assaltatori da campo, le fregate ONG, la cavalleria contraerea, i corpi di vascello onlus, le giovani marmotte, i torpedinieri sommozzabili no profit, gli arditi vettovagliati, la protezione civile, la lega antivivisezione, le suorine di San Vincenzo e le venerabili di San Barnaba, i torrecontrollisti, i fantalpini a cavallo e il distaccamento pattugliato dei sottotenenti di vascello, corvetta, fregata e motoscafi da ricognizione antisbarcolibico. 

Rilevanza: ancora nessuna indicazione. Per te? No

L'uomo che fissa le capre

  • Commedia
  • USA, Gb
  • durata 93'

Titolo originale The Men Who Stare at Goats

Regia di Grant Heslov

Con Ewan McGregor, George Clooney, Kevin Spacey, Jeff Bridges, Stephen Lang, Robert Patrick

L'uomo che fissa le capre

In streaming su Infinity Selection Amazon Channel

vedi tutti

Potrebbe essere lo stesso assiepato domenica lungo Via dei Fori Imperiali...
 

Rilevanza: ancora nessuna indicazione. Per te? No

Lord of War

  • Drammatico
  • USA
  • durata 122'

Titolo originale Lord of War

Regia di Andrew Niccol

Con Nicolas Cage, Ethan Hawke, Bridget Moynahan, Jared Leto, Ian Holm

Lord of War

In streaming su Amazon Prime Video

vedi tutti

Secondo stime recentissime, il numero di armi in mano agli italiani ha ormai sforato i dieci milioni di pezzi.. chissà come sarebbe contento Nicolas Cage alias Yuri Orlov...
 

Rilevanza: ancora nessuna indicazione. Per te? No

Lebanon

  • Guerra
  • Israele
  • durata 93'

Titolo originale Lebanon

Regia di Samuel Maoz

Con Oshri Cohen, Michael Moshonov, Reymond Amsalem, Itay Tiran, Yoav Donat, Dudua Tasas

Lebanon

In streaming su Chili

vedi tutti

(Facciamo sfilare questo bel “lercio d'un carrarmato” (libertàdiparola) ed un paio di fantomatici F35 - sperando che non arrugginiscano se facesse brutto tempo - lasciando in garage il resto delle freccette tricolorate...)

Rilevanza: ancora nessuna indicazione. Per te? No

The Parade - La sfilata

  • Commedia
  • Serbia, Germania, Ungheria, Slovenia, Croazia
  • durata 115'

Titolo originale Parada

Regia di Srdjan Dragojevic

Con Nikola Kojo, Milos Samolov, Hristina Popovic, Goran Jevtic, Goran Navojec

The Parade - La sfilata

In streaming su Apple TV

vedi tutti

Cosa pensa mentre assiste alla parata?
1 “Quasi quasi potremo invadere la Svizzera...”
2 “Speriamo che la Svizzera non ci invada!!..”
3 “..ma 'sto portiere è proprio un fenomeno!!...”

Rilevanza: ancora nessuna indicazione. Per te? No
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