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Riflessioni personali su Stanley Kubrick
di Scotty ultimo aggiornamento
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Scotty

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Riflessioni personali su Stanley Kubrick

Nonostante il mio amore smodato per l’universo hitchcockiano, penso che il vero “colpevole” della mia passione cinematografica sia Stanley Kubrick. Ricordo che, prima di conoscere l’arte di uno dei massimi geni della pellicola, il cinema per me non era niente più che un passatempo, un’alternativa a una partita di calcio, a un gioco a premi o a un telefilm. Era qualcosa destinato a riempire il televisore quando non c’era nient’altro di meglio da vedere.
Poi scoccò la scintilla. Ricordo ancora la sera che Italia 1 trasmise per la prima volta “Eyes Wide Shut”, l’ultimo film di Kubrick, preceduto da un approfondimento volto più a farne slittare l’inizio alla seconda serata che ad una vera e propria analisi del film. Non so perché decisi di restare incollato alla TV per vedere un film del quale, sino a quel momento, non ero a conoscenza neppure dell’esistenza. Credo, però, che non si sia trattato di una decisione consapevole: semplicemente non potevo staccarmi dal teleschermo.
In quel momento capii quanto il cinema poteva darmi, non solo in termini di svago – come superficialmente avevo ritenuto sino a quel momento – ma anche, e soprattutto, in termini di spunti di riflessione, emozioni profonde e possibilità di vivere tante storie quante non se ne ha il tempo in una vita sola.
Spero perdonerete questa digressione personale, ma la fine di un anno è sempre tempo di bilanci. Riflettevo su tutto ciò questa mattina e ho deciso di farne una play, inevitabilmente soggettiva e, data la complessità dell’argomento, certamente superficiale. Una play che dedico al mio amico bradipo, che mi ha rimproverato di aver latitato un po’ troppo dal sito!!
P.S.: lascio aperta la play, con un settimo posto vacante, memore della definizione che Kubrick stesso diede di 2001: Odissea nello spazio, un film a suo dire aperto a interpretazioni, spunti e riflessioni sempre nuovi.
P.S.2: parte di questa play trae spunto da ciò che ho letto nell'approfondimento dedicato a Stanley Kubrick da Ezio Alberione.

Playlist film

2001. Odissea nello spazio

  • Fantascienza
  • Gran Bretagna
  • durata 141'

Titolo originale 2001: A Space Odyssey

Regia di Stanley Kubrick

Con Keir Dullea, Gary Lockwood, William Sylvester, Daniel Richter, Leonard Rossiter

2001. Odissea nello spazio

IN TV Sky Cinema Drama

canale 308 vedi tutti

La genialità di Stanley Kubrick emerge in tutta la sua prepotenza in ognuno dei suoi 13 film, ma in questo film raggiunge, a mio parere, il vertice assoluto, sotto almeno tre aspetti.
Dal punto di vista della storia, il racconto si snoda in un arco temporale di quattro milioni di anni (ed iniziare un film di fantascienza nella preistoria è un’intuizione non da poco) per mostrarci che il nostro concetto di uomo, erroneamente ritenuto da molti il punto d’arrivo dello sviluppo biologico e sociale della vita, in realtà non è che uno stadio di passaggio, destinato (fortunatamente?) ad essere prima o poi superato da un “qualcosa” di più evoluto anche se legato profondamente alle sue radici. Il viaggio, del resto, è un’odissea, un ritorno verso qualcosa che in realtà c’è sempre stato – almeno allo stadio potenziale – e sempre ci sarà, qualcosa di arcaico rappresentato dal monolito, sempre uguale a se stesso eppure sempre in grado di rinnovare ciò che gli sta attorno. È un messaggio, in fondo, anche di speranza: se vogliamo trasmigrare verso un’esistenza migliore, non dobbiamo far altro che scavare in noi stessi per trovare il seme del miglioramento e lasciare che il feto astrale presente dentro ciascuno di noi possa finalmente nascere.
Sotto il profilo della verosimiglianza, poi, Kubrick punta a realizzare una sorta di documentario di fantascienza, preoccupandosi di rendere credibili le soluzioni tecnologiche adottate e le conoscenze scientifiche raggiunte, aiutato in ciò dall’astronomo-scrittore Arthur C. Clarke, il tutto prima che l’uomo mettesse piede sulla Luna. L’approfondimento tecnologico, tuttavia, ha anche un fine altro nell’economica del racconto. HAL, infatti, rappresenta la produzione più avanzata della mente umana, ma pur tuttavia si mostra imperfetto, fallibile com’è fallibile chi l’ha creato. Da aiutante-esperimento dell’uomo ne diventa carnefice, così come accade alla creatura del Dottor Frankenstein. È come se l’uomo non fosse in grado da solo di determinare la sua evoluzione verso una fase più avanzata. Il figlio tecnologico dell’uomo è in realtà destinato a commettere gli stessi errori del padre di carne ed ossa. Per evolvere è quindi necessario l’intervento esterno – quello del monolite – frutto di una consapevolezza per noi inimmaginabile. L’uomo incapace di autodeterminarsi, del resto, è un tema ricorrente nel cinema di Kubrick…
Infine, vi è l’aspetto suggestivo della storia, che tocca argomenti ancestrali e insondabili, toccandoci nel profondo con uno stupendo connubio di musica e immagini. Un film da vedere e rivedere per riscoprirne ogni volta aspetti nuovi, perché, come disse Kubrick: "Ognuno è libero di speculare a suo gusto sul significato filosofico e allegorico del film. Io ho cercato di rappresentare un'esperienza visiva, che aggiri la comprensione per penetrare con il suo contenuto emotivo direttamente nell'inconscio".

Rilevanza: ancora nessuna indicazione. Per te? No

Arancia meccanica

  • Grottesco
  • Gran Bretagna
  • durata 137'

Titolo originale A Clockwork Orange

Regia di Stanley Kubrick

Con Malcolm McDowell, Patrick Magee, Michael Bates, Warren Clarke, John Clive

Arancia meccanica

In streaming su Now TV

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In un futuro molto meno lontano di quel che sembra, Alex e i suoi drughi trascorrono il loro tempo dedicandosi all’esercizio dell’amata ultraviolenza, sport “estremo”, soprattutto per chi lo subisce, al quale si preparano sorseggiando Latte Plus nel loro amato Korova Milkbar. Alex e gli altri drughi vivono in famiglie agiate, hanno tutto ciò di cui hanno bisogno: una casa confortevole, denaro a sufficienza per soddisfare tutte le loro passioni e soprattutto l’amato Ludovico Van. Forse proprio questo avere tutto, come succede con una vasca ormai piena d’acqua, li costringe a riversare ciò che eccede all’esterno. Purtroppo, però, decidono di farlo nel modo sbagliato: stuprando, derubando, malmenando, uccidendo senza porsi alcuna domanda e senza nemmeno sapere il perché delle loro azioni. Forse è semplicemente l’istinto dell’uomo quello di essere lupo per l’altro uomo. Ecco come Anthony Burgess descrive il suo Alex: “Il mio eroe, o antieroe, Alex, è veramente malvagio, a un livello forse inconcepibile, ma la sua cattiveria non è il prodotto di un condizionamento teorico o sociale, è una sua impresa personale, in cui si è imbarcato in piena lucidità. Alex è cattivo, e non solo traviato, dunque in una società organizzata in modo corretto le azioni crudeli come le sue devono essere punite. Però la sua cattiveria è umana: negli atti aggressivi possiamo riconoscere potenzialità presenti in noi, che per il cittadino non criminale si concretizzano nella guerra, nell’iniquità sociale, nella cattiveria che si esercita in famiglia, nei sogni che si coltivano nel proprio cantuccio. Alex rappresenta l’umanità in tre modi: è aggressivo, ama la bellezza, si serve del linguaggio”. Si sa: l’ottimismo non è uno dei punti forti di Kubrick…
Gli spunti di riflessioni che Arancia Meccanica offre, però, non si esauriscono con la critica sociale. Notevoli sono anche gli aspetti politici. Nel film, infatti, le autorità non si fanno scrupoli nel rendere Alex una cavia del trattamento Ludovico, rendendolo innocuo per la società, ma privandolo al tempo stesso del suo libero arbitrio. Lo Stato viene rappresentato come un Leviatano che succhia ogni barlume di vita dell’individuo e questo, benché l’individuo sia – come detto malvagio – gli si ritorcerà contro; come dire punire i crimini commettendo altri crimini non può essere la strada giusta. E se questo potrebbe sembrare un messaggio di speranza o quanto meno di monito, il finale del film è di tutt’altra pasta: quando le autorità si rendono conto di aver reso Alex una vittima incapace di difendersi, non possono far altro che trasformarlo da nemico ad alleato. Difficile, ancora una volta, trovare una via di scampo…

Rilevanza: ancora nessuna indicazione. Per te? No

Barry Lyndon

  • Drammatico
  • Gran Bretagna, USA
  • durata 184'

Titolo originale Barry Lyndon

Regia di Stanley Kubrick

Con Ryan O'Neal, Marisa Berenson, Patrick Magee, Hardy Krüger, Steven Berkoff, Gay Hamilton

Barry Lyndon

In streaming su Now TV

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Una storia come tante ce ne sono state e continueranno ad esserci di ascese e di cadute, di mutevolezza del caso, di fortune alterne che prima o poi tutti nella vita incontriamo. Una storia che ci mostra come tutto ciò che siamo e ciò che riusciamo ad ottenere sia in realtà il frutto di una mistura di caso e virtù che solo parzialmente possiamo controllare. Il nostro destino non è completamente nelle nostre mani (del resto nemmeno in 2001 lo era), anzi nello scontro fra l’abilità e il caso è quest’ultimo a farla da padrone. E, secondo Kubrick, se l’uomo non è in grado di essere faber fortunae suae nel secolo dei lumi, quando è la razionalità ad essere posta in primo piano, probabilmente non riuscirà mai ad esserlo. Proprio questo fallimento della pianificazione razionale è uno dei temi centrali del film: Redmond Barry viene rimbalzato da una parte all’altra d’Europa in modo quasi passivo. Tutta la sua storia, del resto, ha inizio da un avvenimento che Redmond subisce passivamente: l’allontanamento dalla casa d’origine avviene infatti con un pretesto, senza che nemmeno possa essergli addossata una qualche colpa reale. Proprio questo fatto, indipendente dalla sua volontà, trascinerà il giovane Redmond in un gorgo che, pur tra qualche risalita, lo trascinerà alla deriva e lo porterà alla definitiva perdizione.
La storia, però, intesa come la trama, pur con tutte le implicazione che ne conseguono, è solo uno degli argomenti di interesse del film. Il modo in cui la storia è raccontata, infatti, è altrettanto degno di nota. Per calarci nel vivere Settecentesco, infatti, Kubrick adotta tutta una serie di stratagemmi che vanno dall’utilizzo della sola luce naturale (comprese le scene interni illuminate solo dalle candele e realizzate avvalendosi di speciali obiettivi forniti direttamente dalla Nasa) all’organizzazione di scene ed inquadrature in modo da ricalcare i dipinti del Settecento, avvicinandoci al gusto estetico dell’epoca e facendo quindi del significante e del significato una cosa sola. Anche la lentezza di alcune scene (quella del corteggiamento a Lady Lyndon su tutte), è funzionale proprio a questo: ricreare i ritmi di vita dell’epoca per consentire allo spettatore di calarsi nella realtà che sta vedendo.

Rilevanza: ancora nessuna indicazione. Per te? No

Shining

  • Horror
  • USA, Gran Bretagna
  • durata 119'

Titolo originale The Shining

Regia di Stanley Kubrick

Con Jack Nicholson, Shelley Duvall, Danny Lloyd, Scatman Crothers

Shining

In streaming su Now TV

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Personalmente, ritengo Shining un gradino sotto gli altri film di Kubrick. Tuttavia, analizzando anche superficialmente la sua filmografia, è impossibile non parlarne. Vedendo questo film, la domanda che di primo acchito mi è sempre venuta in mente è: cosa succederebbe all’uomo se venisse messo in completo isolamento? Spesso ci lamentiamo della frenesia della vita e della carenza di tempo da dedicare alle nostre passioni ed a noi stessi. Ma come reagiremmo in un ambiente isolato e privo di stimoli esterni? Probabilmente impazziremmo.
È una chiave di lettura forse condivisibile, ma francamente un po’ troppo semplicistica per un film di Kubrick. Shining è, in fondo, anche una critica alla famiglia contemporanea, lacerata dalla brama di successo e dalla voglia di far carriera (quanto è importante per Jack scrivere il suo libro?), elementi in certa misura imprescindibili per le necessità “alimentari” dell’uomo, ma che rischiano di farci smarrire la retta via.
Forse la luccicanza di cui è dotato Danny è una luce guida, una sorte di Stella Polare che dobbiamo tenere ben presente per non perdere l’orientamento e non trovarci persi in mezzo alla bufera. Shining, però, è anche un film sul senso di colpa. In alcune scene “di spiegazione” del film, infatti, si accenna al fatto che l’Overlook Hotel sia stato costruito sopra un antico cimitero indiano. È forse la consapevolezza di questa colpa incancellabile che molto spesso la cultura ci inculca nel profondo a far impazzire Jack? O forse, è solo la consapevolezza di sé e dei propri limiti che nell’isolamento nevoso dell’Overlook diventa una voce urlante impossibile da zittire?
Come in 2001, anche qui la salvezza passa attraverso un’odissea, un ritorno: è infatti ripercorrendo a ritroso i propri passi all’interno del labirinto, che Danny riesce a far perdere le proprie tracce, salvandosi così dalla follia omicida del padre. E come in “Eyes Wide Shut” è il bambino, cioè l’uomo futuro, il “feto astrale” fattosi carne, a donare speranza alla famiglia e a farci guardare con maggior fiducia al futuro. Perché, in fondo in fondo, è proprio il mattino ad avere l’oro in bocca…

Rilevanza: ancora nessuna indicazione. Per te? No

Full Metal Jacket

  • Guerra
  • USA, Gran Bretagna
  • durata 116'

Titolo originale Full Metal Jacket

Regia di Stanley Kubrick

Con Matthew Modine, Vincent D'Onofrio, Adam Baldwin, R. Lee Ermey, Dorian Harewood

Full Metal Jacket

In streaming su Amazon Video

vedi tutti

Stupendo film di guerra e film anti-militarista per antonomasia, Full Metal Jacket mette in scena la spersonalizzazione che l’uomo vive (o rischia di subire) in un’entità fortemente gerarchizzata come quella militare, soprattutto quando viene a trovarsi in condizioni estreme come quelle di guerra. Il colpo di genio di Kubrick, a mio modesto avviso, è quello di aver preso come spunto narrativo la guerra del Vietnam, epurandola però da tutti quegli elementi con una forte connotazione geografica e temporale, in modo da dare all’opera un respiro assoluto di critica contro ogni evento bellico dell’uomo. Kubrick, infatti, rappresenta un Vietnam molto distante dall’immaginario collettivo e, probabilmente, molto distante dalla realtà dei fatti. Il Vietnam, infatti, era molto più simile a quello mostratoci da Coppola in Apocalypse Now, con foreste impenetrabili, piogge fitte, fiumi e fango. Quello di Kubrick, invece, è un Vietnam estremamente più ordinato, asciutto con edifici dalle geometrie regolari. Non solo, accade nel film che la stessa scenografia (ampiamente riconoscibile, peraltro) venga utilizzata per rappresentare due località diverse, quasi come a sottolineare che la critica che Kubrick sta facendo non è rivolta esclusivamente alla guerra del Vietnam, bensì alla guerra come evento in sé e alla sua forza distruttrice capace di cancellare uomini e città. L’uomo diventa quindi parte di un ingranaggio più grande che non è in grado di controllare, pur avendolo creato. È quello che accade ad Hal, anche se qui viene presentato in modo speculare: se là era il computer ad assumere connotazioni umane, qui è l’uomo a perdere la sua personalità e la sua “umanità” diventando seminatore di morte. Un’ultima annotazione: anche in questo film è ravvisabile uno dei tanti contrasti che caratterizzano l’opera di Kubrick: sull’elmetto di Matthew Modine campeggia a chiare lettere la scritta “Born to Kill” proprio di fianco ad un simbolo pacifista.

Rilevanza: ancora nessuna indicazione. Per te? No

Eyes Wide Shut

  • Drammatico
  • USA, Gran Bretagna
  • durata 159'

Titolo originale Eyes Wide Shut

Regia di Stanley Kubrick

Con Tom Cruise, Nicole Kidman, Sydney Pollack, Leelee Sobieski, Rade Serbedzija

Eyes Wide Shut

IN TV Sky Cinema Due

canale 302 vedi tutti

Ed eccoci tornati al punto di partenza. Siamo partiti alla scoperta del monolito sepolto sul cratere Tyco, abbiamo proseguito il nostro viaggio verso Giove per poi tornare sulla Terra, nel passato e nel futuro, nell’inferno della guerra e nel gelo dell’Overlook, per tornare ad Eyes Wide Shut ed alla New York dei giorni nostri.
È un film mai completamente apprezzato dalla critica né dai kubrickiani veri. È un film che forse non riesco a giudicare obiettivamente e che ho difeso strenuamente contro chi lo definiva “non un film di Kubrick”. È un film che ci prende per mano e ci porta a spasso per le vie scintillanti di New York, per i lustrini delle feste e delle sfarzose sale da ballo. Ma è un film che ci porta anche negli oscuri meandri della mente, labirinti che spesso ci fanno perdere l’orientamento e fanno vacillare le nostre certezze. New York, con le sue strade che si ripetono sempre uguali anche se sempre diverse, diventa, come il Vietnam di Full Metal Jacket, un non-luogo pieno di tentazioni di fronte alle quali Bill Harford rimane sbigottito.
Già, Bill Harford… Il medico benestante che crede di poter comprare tutto con i suoi soldi e le sue carte di credito senza accorgersi, annebbiato dall’opulenza com’è, di aver già tutto ciò di cui ha bisogno. Sì, perché Eyes Wide Shut non è solo un invito all’introspezione e alla riflessione sulla dicotomia sogno e realtà (che resta comunque uno dei temi centrali del film), ma è anche una critica sociale verso chi, come Victor Ziegler, è troppo preoccupato dal preservare il suo status sociale per gettare la maschera. Quello che emerge chiaramente da questo film, infatti, è un forte disprezzo per l’essere umano, manifestato soprattutto da coloro che, semplicemente per l’appartenere ad una classe sociale benestante, considerano le vite altrui non degne di essere vissute. È il caso del già citato Ziegler che chiama il medico Bill quando la donna con cui si è appartato si sente male, cercando però di evitare l’arrivo di un’autoambulanza, giacché avrebbe reso la cosa troppo evidente. Ma è anche il caso del venditore di costumi, che si preoccupa della morigeratezza della figlia solo finché non realizza che potrebbe trarne un vantaggio economico. Del resto, lo stesso Bill, per tutto il film, non fa altro che esibire contanti, carte di credito e tessere che attestino il suo status di medico.
È, tuttavia, la vicenda di Alice e Bill quella di maggior interesse. La loro avventura è una sorta di discesa agli inferi dalla quale entrambi traggono la consapevolezza della loro fragilità e della loro debolezza. In un certo senso, è proprio questa epifania, questa rivelazione a tenerli insieme e farli provare ad andare avanti. La speranza, ancora una volta, viene dai figli: lasciamo che la piccola viva un Natale di serenità, compriamole i regali e fingiamo che nulla sia accaduto… Dopodichè non ci resta che scopare e vedere come andrà a finire.

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