Un week-end a Firenze. La visione de "Il Grinta" dei Coen. Una bella chiacchierata con l'amico Serpico. Questi gli ingredienti che mi hanno portato a riflettere un po' più a lungo del solito sul Western, e sul fatto che sia, di solito, un genere "epico" molto più che "patetico". Dove: -Epos = narrazione di gesta eroiche (ma anche: insieme di tradizioni e leggende di un popolo) -Pathos = forte passione o sentimento suscitato, in genere, da una produzione artistica. Per intenderci: i western sono in genere una sequenza di gesta da parte di un eroe o a volte di più personaggi. Tali gesta, nei film di maggiore qualità, possono avere valori alti, simbolici, metaforici, o riassumere anche una riflessione di tipo politico o sociale. Ma rimane comunque un esercizio che ammiriamo più da un punto di vista visivo e mentale, che "sentimentale". Ed è stato detto e ridetto che il western sia IL genere per eccellenza statunitense, e che degli USA sia, in un qualche modo, l'Epos (nel senso di "raccolta e narrazione di tradizioni e leggende di un popolo"). Appurato questo, bisogna allora ammettere che raramente un film western è "patetico", ovvero coinvolgente dal punto di vista "emotivo". Eppure a volte succede. Qualche volta è successo che sia nato un piccolo gioiello western, che racchiude in sè la potenza dei miti epici del genere, ma anche un cuore pulsante e dolente di passione. E allora, a mio parere, nasce un capolavoro.
Epos. I Coen mettono in piedi il Western perfetto. I paradigmi del genere ci sono tutti: lo sceriffo, il ricercato, la fanciulla in pericolo (??), la caccia, la vendetta, il tentativo di rivincita e riscatto personale, l'amicizia virile, l'amore per gli animali più forte che quello per gli esseri umani. E citazioni, a Leone, Eastwood, Ford. E afflato epico e sequenze irresistibili in cui vorresti gridare e fischiare e battere le mani e i piedi compiaciuto. Un grande spettacolo. Epico.
Pathos. Principalmente nella lunga, seducente sequenza che vede protagonisti Glenn Ford e Felicia Farr in un torrido tete-à-tete (in cui succede tutto e niente). Ma anche nel continuo confronto-scontro di volontà e cultura tra Ford e Van Heflin, una lotta in cui lo spettatore è irrimediabilmente "scisso" tra l'antieroe e l'eroe e non sa per chi parteggiare.
Epos. Il capolavoro epico western per eccellenza, compendio e antologia del genere. Si potrebbe vedere anche soltanto questo film (e gli Spietati) per aver visto tutto ciò che si dovrebbe vedere del Cinema Western.
Con Joan Crawford, Sterling Hayden, Mercedes McCambridge, Scott Brady, Ward Bond, Ben Cooper
Pathos. Tutto è "patetico" in questo sanguigno western. La grandissima, volitiva Joan Crawford e la sua tenace antagonista si odiano appassionatamente. Così come la Crawford ama ancora appassionatamente il suo Johnny. E la passione distrugge e divora ogni cosa...
Epos. Lo sceriffo, l'assistente ubriacone, il vecchio sciancato, il giovane veloce di pistola, la seducente straniera dal passato torbido, cattivi vestiti di nero, becchini cinesi, sparatorie per le strade, ballate country fischiate per passare il tempo... Occorre dire altro? Epico.
Pathos. Forse l'unico western "patetico" di Ford, e lo è per necessità. Originale, in quanto affronta il genere da due punti di vista quasi senza precedenti: il processo in tribunale e la conseguente narrazione a più voci in flashback. E in questo caso, l'interpretazione che ogni personaggio da della storia corrisponde ad un arcobaleno di emozioni diverse, che esploderanno nel finale decisamente pieno di "pathos".
Pathos. Ed Epos. Un grande connubio di entrambi. Un descrivere i grandi paradigmi del genere storpiandoli, riempendoli di dubbi, incertezze, sentimenti. "E' una cosa grossa uccidere un uomo. Gli togli tutto quello che ha...e tutto quello che sperava di avere." Un colpo dritto al cuore.
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