Ed eccoci allo sport preferito dall'uomo: scodinzolare appresso al Maestro. Esce il nuovo Allen e “tocca vederlo!” (e sia chiaro sono tra questi...) ma, ahivoi, non sono anche tra i “tocca osannarlo!”.
Che si dedichi al giallo puerile (Match point) o elemosini location (Vicky Cristina Barcelona), Woody Allen, per una maggioranza paraocchiuta, gira da sempre ed imprescindibilmente, un capolavoro.
E continuo a parlare con gente che trova piacevolissimevolmente carino l’ultimo Allen, Incontrerai l’uomo dei sogni.
Quello che mi sconvolge è che i medesimi si dichiarano “anche” fans appassionati di Manhattan, Ombre e nebbia, Radio Days, La rosa purpurea del Cairo, Zelig e via discorrendo…
Ora mi chiedo, e vi chiedo: in che misura la cecità può distorcere l’obiettività di giudizio solo perché “il Maestro è il Maestro” ed anche se svomitazza sulla pellicola questa diventa da dieci e lode?
Come è possibile questo marchiano scambio di lucciole per lanterne?
Certo l'amore è cieco ma qui si tratta pur sempre di triacetato di cellulosa formato pellicola...
Appurato che il bersaglio del Sommo sia sempre la società con le sue debolezze, le incomprensioni, le paure ed i desideri, dobbiamo prendere atto che, a difettare nelle ultime prove, è il filtro sarcastico ed intelligente, cosi come avvertiamo la paura di mettersi in gioco in prima persona sostituendo dei surrogati al tipico “modello Woody”. Prendiamo un caposaldo, Manhattan, e svisceriamo anche un solo parallelo con l'ultima, scipita, pellicola. In entrambe siamo di fronte ad un rapporto quanto meno anomalo: il personaggio (Antony Hopkins) del marito che non vuole invecchiare con la sua ridicola compagna zoccoleggiante e la coppia Woody Allen/Mariel Hemingway, e lui fagocitato dalla giovanissima studentessa: sconquasso contro finezza balistica, faciloneria contro ricamo lessicale, luoghi comuni contro introspezione. Siamo anni luce distanti pur in presenza di un analogo messaggio. E’ finito il tempo dove nello spazio di un'inquadratura Woody ti trascina dal magone alla risata. Ora è tutta grana grossa, battute col contagocce (magari gocce!…) e, soprattutto, manifesta incapacità di far interagire genialmente dramma e sarcasmo. Attenzione, tutto può anche plausibilmente accadere nelle ultime storie, ma è un tutto che suona fatalmente già visto, dal Viagra alla sguaiata prosciuga patrimoni, e soprattutto straevidenziato, prevedibile, senza una sfumatura che autorizzi il dubbio e l’analisi, senza sferzate caustiche. Ovvio che non ci troviamo di fronte ad un cinepanettone, ma proprio per questo pretendiamo di più, mooolto di più.
Come del resto hanno dimostrato i Coen, con un classico modello alleniano, l'ultimo A serious man, dove la sottile ironia, la classe del paradosso, la fragranza di idee argute ancora possono scuotere dalla risatina facile portando a meditare a più livelli galvanizzando le coscienze in maniera meno grezza.
Evidentemente c'è un Allen che rema contro, forse fiacco, forse annoiato, forse (incoscientemente) cosciente di potersi adagiare sugli allori. A noi non interessa.
Noi rivogliamo il fenomeno.
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