La notizia dell'imminente arrivo del prequel di "Amici miei" era stata tanto devastante e disgustante che l'avevo presto rimossa, senonché oggi alla radio mi intervistano Panariello che racconta tutto contento della preparazione del film diretto nientepopodimeno che da Neri Parenti. Il cast di attori è notevole ed il regista è in grado di far meglio di Monicelli, tutto questo in una realtà parallela. Nella nostra invece si assiste al suicidio di massa degli amanti della saga monicelliana, nel peggiore dei casi, e ad un cenno di scettico disappunto nel migliore. La stessa saga del resto si era già conclusa in un terzo atto funesto e sufficiente a chiudere (male) una splendida ed arcuatissima parabola. Il mio augurio è quello di non incappare nemmeno per sbaglio nel trailer di quest'annunciata vaccata, di vedere il film non se ne parla nemmeno. Ispirato da questa tragedia mi sono chiesto: perché certi registi decidono di mettere in scena una morte preannunciata? La risposta in alcuni casi è ovvia. Sperando di non essere lapidato metto in lista alcuni titoli che, con orgoglio di padre, vorrei battezzare in un nuovo genere: "film apoptotici".
O. Wilson e B. Stiller avevano messo in scena Starsky e Hutch avendo il buon gusto di farne piuttosto una parodia/caricatura, evitando l'imitazione (impossibile) degli originali. Una questione di pudore che non sfiora minimamente gli autori di questo suicidio annunciato. P.E. Baracus, interpretato da un serial killer col collo il doppio dell'originale, supererà la paura del volo; Sberla sarà interpretato da una sorta di porno attore per casalinghe pruriginose, Murdock non lo voglio commentare nemmeno e sulla scelta di Liam Neeson penso che le immagini parlino da sole: George Peppard non si tocca. Scioccante.
Con "Il ritorno" avrebbe già dovuto presagire la fine del suo fortunato e meritevole personaggio, eppure Villaggio ha preferito tirare oltre la corda e chiudere tristemente un'epopea irripetibile. Cronaca di una morte preannunciata, dunque. Il personaggio era già stato sfruttato oltre misura, inglobando lo stesso Villaggio in se stesso e relegandolo al ruolo di eterno sfigato con la voce traballante. Un aneddoto: un mio amico incontrò Anna Mazzamauro in un ristorante romano, pochi anni fa. Quando le si avvicinò per un autografo lei fu contentissima ma non appena saltò fuori Fantozzi si rabbuiò in viso lasciando chiaramente capire che aveva fatto ben altro e ben di meglio (soprattutto in teatro) di Fantozzi; segno che forse gli stessi protagonisti della saga si rendevano conto di essere diventati la caricatura di se stessi.
Già sostituire Law (che eppur non mi dispiace troppo) a Caine doveva far capire che si rischiava qualcosa. Se poi si aggiunge un'assoluta assenza di contenuti e dialoghi, il suicidio è bello che preannunciato.
Certo, col senno di poi è facile. Ma col senno di prima non si poteva capire che non poteva bastare far riaprire le gambe a S. Stone per ripetere il precedente successo? Mi cambi il regista, mi sostituisci M. Douglas con uno sconosciuto mai visto prima (almeno avessi messo J. Irons, perfetto per questi ruoli) e ti aspetti pure di bissare lo strepitoso successo del primo film? O illuso o stupido.
La domanda sorge spontanea: cosa spinge un produttore ad investire su un attore artisticamente defunto? Le avvisaglie ci sono state tutte nonostante gli sforzi (da Pluto Nash a Piacere Dave, l'attore si era un po' ripreso) eppure vien da pensare che la scommessa fosse proprio su Eddie Murphy visto che il film è di una banalità e melensità sconcertante. A che pro scommettere su un attore in declino? Capirei su Jim Carrey che se non altro prova a cambiar genere e personaggi ma Murphy è sempre stato uguale a se stesso e quella risata ormai non convince più nessuno.
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