La prossima settimana dovrebbe uscire al cinema il remake di quello che secondo me è uno degli horror di cassetta più immaginifici di tutti i tempi; "Nightmare" è stato ed è il manifesto della paura di due o tre generazioni prima di diventare una specie di "E.T." formato horror, una vera e propria mascotte del pubblico cinematografico. Bel film, al di là delle note di costume: onirico, tecnicamente all'avanguardia, con una sceneggiatura senza dubbio perfettibile ma geniale. Tralasciando la terribile moda dei remake, vedremo come andrà... intanto ho sentito il bisogno di ripubblicare una mia personale playlist sul genere; uno dei miei preferiti, anzi, forse il mio preferito in assoluto. L'horror apre un varco nella mente dello spettatore, un varco con la parte più anomala e inesplorata. Sembra retorica, ma il cinema del terrore pur non avendo la grandezza della ben più spaventosa letteratura del terrore (Poe, soprattutto), quando ben fatto sa catalizzare le angosce collettive meglio di molti trattati sociologici; e questo soprattutto in epoca consumistica. Molti registi americani degli anni '70 (Carpenter, Craven, Hooper), non hanno solo ricamato sull'immaginario collettivo, sul folklore (alto o basso che sia), giocando a raccontarsi le storielle attorno al fuoco, ma hanno spinto anche sul tasto della critica sociale. Levando il fatto che l'horror è eversivo e antiborghese per natura, film come "Nightmare" o "Le colline hanno gli occhi" stracciano l'immagine di tranquillità della middle-class per riflettere sui mali della società. Non solo a livello metaforico: "Le Colline hanno gli occhi", del resto, non usa una metafora per andar contro gli esperimenti atomici nel New Mexico, bensì prende l'evento storico e ne fa scaturire l'orrore, l'incubo, fantastico. Detto questo il cinema horror è sconfinato, segue sempre alcune regole senza mai tradirle troppo, forse è il più ripetitivo (classico schema: idioti in giro al buio->cattivone in giro al buio->il cattivone scanna gli idioti in giro al buio; punto, questo è il cinema horror). Tuttavia al di là della ripetitività se a qualcuno piace il genere non può fare a meno di vederlo e rivederlo. Sia chiaro, non piace (e non deve piacere) a tutti. Ma vi dico la mia verità: quando piace il genere, un film può anche essere uguale ai tremila che lo hanno preceduto e magari anche di fattura squallida. Ma io col cavolo che cambio canale. Troppo divertente vedere gli idioti al buio sterminati uno ad uno.
Okay, dire che è "solo" un film dell'orrore è quasi insultante in quanto il genio di Kubrick riplasma il genere per farlo arrivare alla pura ricerca semiotica della verità. E' un puzzle partorito dalla mente di un filosofo, un film del terrore, un capolavoro di recitazione; però secondo me "Shining" ad Halloween ci sta tutto. Non è spaventoso come il romanzo (ahi ahi, qualcuno dirà che ho bestemmiato...), ma ha una qualità propria del cinema di Kubrick che applicato all'horror risulta vincente: la fascinazione dell'ambiguità e del minaccioso. L'Overlook Hotel è una splendida centrale del male, e il (bravo) cinefilo se lo pappa come una squisita torta alla crema.
Prototipo dell'horror moderno inserito in un contesto urbano e "normale", il capostipite di una generazione di horror che non attaccano tanto le viscere con il famigerato "splatter", quanto la mente con il senso di oppressione generato da minacciose figure mascherate. Non fa più paura come un tempo, perché l'horror è un genere che si spinge sempre più in là e crea nello spettatore sempre nuovi antidoti per combattere i "mali" già affrontati. Però è ancora un film importantissimo.
Segnalato (più che giustamente) da AIDES, per "La Notte dei Morti Viventi" vale più o meno il discorso fatto per "Halloween", anche se Romero è più epico e classico di Carpenter, e questo rende il film un mattone importantissimo all''interno dello sviluppo del linguaggio orrorifico, soprattutto per quanto riguarda gli influssi ideologici quasi socialisti presenti non solo nella pellicola, ma in generale in tutti i film della saga romeriana. Forse uno dei punti più estremi di tutta la filmografia americana.
Okay, "Suspiria" è kitch e delle volte sembra che Argento non sappia bene dove debba andare, ma da tutte le critiche che ho sentito in giro emerge un dato straordinario: "Suspiria" può spaventare. Secondo me è l'alchimia fra la colonna sonora e la scenografia: puro gotico mitteleuropeo, ipnotico, affascinante, "arcaico". Tutta la seconda parte, inoltre, è un congegno di paura che personalmente non mi ha fatto chiudere occhio. Quando in Italia si facevano bei film di genere...
Film anomalo, strutturato come una sfida all'ultimo sangue. Anche qui, se leviamo i ricami popolari che hanno investito il film dopo l'uscita nel '73, potremmo dire che la carta vincente è l'introspezione dei protagonisti, tutti riuniti in un gelido ed ancestrale labirinto d'orrore assolutamente insormontabile. Quasi un film "d'assedio", un western costruito fra i corrioi e le stanze della casa infestata. Oggi come oggi è sorpassato, ma per buona parte del film si grida al miracolo.
Con Marilyn Burns, Allen Danzinger, Paul A. Partain, William Vail, Teri McMinn, Edwin Neal
In streaming su Apple TV
L'apoteosi del "vero" splatter, che non sta tanto nel "vedere" il sangue, quanto nel "sentirlo": la violenza domina su tutto e la gioventù americana anni '70, anticonformista e vitale, viene letteralmente fagocitata dalle tensioni e i mali dell'epoca del consumismo sfrenato e della controcultura. Hooper firma quello che sarà il suo unico vero successo, con buona pace di "Poltergeist" e di Spielberg, in un delirio neogotico colorato delle tinte della selvaggia campagna texana. Non basta un remake patinato a farlo dimenticare.
Come detto in fase di introduzione, geniale horror onirico con rimandi, ancora una volta, alla "cattiva coscienza" degli U.S.A., molto sullo stile di "Fog". Freddy Kruger è diventato un fenomeno di costume quasi bonario, un beetlejuice degli anni '80, ma all'inizio era un vero e proprio spauracchio, sim
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