E non parlo di Via col vento, di Catene o, tanto per avvicinarci a noi, dei Ponti di Madison County o Hachiko. Parlo di film costruiti per altri obiettivi che non quelli di farci tirare fuori il fazzoletto. Parlo di cinema che scava col bisturi, che somatizza, che decanta, che sdogana, che snebbia. E parlo di quella lacrima che non conosci e che senti estranea, di quella lacrima che sfugge al tuo essere tutto d’un pezzo, di quella lacrima di cui ti vergogni. Non sempre è il dolore che invita una lacrima. Non sempre è la gioia d’una commozione. A volte è un buco che si apre dentro e ti risucchia nel vortice. C’è chi resta in bilico, eroe impassibile d’argilla pietrificata, e chi scivola impotente, assaggiandosi tra(mite) le proprie lacrime.
Ovviamente la premessa non vale per questo film. Con Capra si piange a scatafascio, industrialmente, manifestamente. Macchina da lacrime, La vita è meravigliosa, racchiude una miliardata di testatissimi clichè propedeutici al pianto dirotto, alla liberatoria lacrimevole, alla purificazione dell’anima. Alla faccia di ogni introspezione.
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