Il capolavoro. Nulla del genere era stato fatto in Italia fino a questo film. Eppure era lì, tutto sotto i nostri occhi, nelle prime pagine dei giornali, nelle notizie d’apertura dei TG, tutto talmente quotidiano da scalare in scaletta dopo la Nazionale di Calcio, il Gossip e l’Economia che non tira.
Vedere da dentro fa male, è la visione del tumore, di come lavora, prolifica e uccide. Ci voleva lo sguardo di Garrone, quello attento alle facce, alle muffe, agli anfratti. Quello che registra i suoni e gli spari, le sentinelle che latrano alla luna. Un documentario di finzione in cui la realtà irrompe uscendo dall’ombra e si mostra in tutte le sue deformità, quelle che la Realtà, quella filtrata dall’immaginario epico della cultura Criminal Pop delle fiction televisive, non espone mai.
Ogni scena è un unico consapevole pezzo di tempo, perfettamente funzionale, indipendente dal resto del film. Microellissi che unite fagocitano corpi ed espellono humus infetto, ideale per la coltivazione dell’odio.
Surrealismo: simbologia di una realtà aliena che inconsapevolmente crea il linguaggio, non lo capisce, lo uccide. Il linguaggio deve rimanere radicato alla terra, sollevarsi da essa significherebbe salvarsi, e ciò non è permesso.
Una Madonna viene calata dal Tempio. Imbrigliata dalle corde sembra volare verso un altrove più degno. Invece è in fuga, obbligata a benedire a richiesta, a proteggere a prescindere, ad esaudire capricci. Non è più simbolo, è solo feticcio.
Fruscii di soldi, ululati ai confini del territorio, motori gracchianti. Spari ritmano i sofferti testi neomelodici. In questo buco nero la gravità trattiene a sè anche i suoni e li deforma a piacere, a propria immagine e somiglianza.
La teoria dell’architettura del bello si scontra e soccombe alla sistematica mortificazione del territorio. Il bello è pericoloso, mette in testa idee strane. Solo il degrado e l’abbandono causano lo sradicamento morale che rende l'uomo bestiale.
Franco (Servillo) emerge dalla terra contaminata in giacca di lino e camicia bianca. E’ un fiore elegante, marcio dentro. Cammina sulla terra avvelenata in punta di piedi come un Cristo che non si fida più dei suoi stessi miracoli.
Bestie. La chiusura che rende epocale il film, che lo restituisce alla mitologia spaziale da cui è provenuto. Una ruspa solleva i corpi dei vinti come una bestia trionfante e se ne va altrove per divorarli. Il mostro alla fine si rivela.
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