Scene a mio avviso indimenticabili selezionate in base ad una particolare tecnica cinematografica (in ordine strettamente casuale). Gioco per certi versi carino per altri futile e riduttivo, dato che si tratta ovviamente di sequenze più complesse ed articolate. Comunque gli esempi potrebbero essere molti…..
Con Alberto Sordi, Vittorio Gassman, Silvana Mangano, Folco Lulli
Piano sequenza. Lungi dall’essere (come spesso avviene) velleitaria, questa cifra stilistica nel tragico finale dell’esecuzione dei protagonisti, dona continuità ad uno dei più intensi momenti mai girati e interpretati. Un’emozione forte e universale
Dolly. La Cardinale scende dal treno, entra in stazione, ed ecco la cinepresa levarsi improvvisamente in un’apertura sontuosa su uno squallido paese di frontiera, civiltà-economica alle porte, imminente teatro di un’epopea in celluloide senza eguali.
Montaggio. Il celeberrimo omicidio nella doccia è composto da due soli elementi: i geniali e striduli suoni di Herrmann e le centinaia di spezzoni di inquadrature da ogni prospettiva, montati per la prima volta in modo così sincopato. Punto e a capo
Grandangolo. L’opera innova e reinventa praticamente ogni tecnica cinematografica del tempo. La mia scelta, puramente istintiva, si lega alla spettacolare ottica del letto di morte di Kane, quando la fatidica palla si infrange a terra: “Rosebud….”
Con Alain Delon, Bourvil, Yves Montand, François Périer, Gian Maria Volonté
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Colonna sonora. L’incontro tra Delon e Volontè è una superba lezione di semantica cinematografica. La musica, secondo Melville, abdica al mero ruolo emotivo per narrare le fasi del legame indissolubile creatosi fra i due in una manciata di sguardi.
Con Charles Chaplin, Virginia Cherrill, Florence Lee, Harry Myers, Al Ernest Garcia
Primo piano. Lei, non più cieca, osserva smarrita il clochard benefattore, lui pende dai suoi occhi. Visi alternati in un lieto fine drammatico. Scena muta e assordante, essenziale e ricca di significati, triste e disarmante. Arte autentica.
Dissolvenza. Mitizzata e un poco banalizzata da Fuori orario, la scena onirica di Vigo è il perno del suo capolavoro, distintivo d’una sensibilità inarrivabile nel comporre cinema. Non ricordo altro utilizzo d’identico valore estetico ed evocativo.
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