C'era una volta Quentin Tarantino. E c'era una volta il Detour. Quest'ultimo è un cineclub romano, storicamente noto per l'originalità e l'alta qualità media della programmazione. Ebbene, in questi giorni - chi è di Roma lo sa - sugli schermi del Detour viene proiettato "Paranoyd", opera prima degli esordienti Amodio & Farina, eletta da diverse testate specializzate "il caso cinematografico dell'anno" (!) e definita dal Patrocinatore Scatologico per eccellenza, Quentin Tarantino, "l'unica cosa affascinante del cinema italiano degli ultimi anni" (!!). Come dite? "sciocco tu a dar credito alle mar(k)ette di uno cresciuto a Fenech e Umberto Lenzi"? Probabile. Sta di fatto che, mettendo da parte ogni preconcetto, non mi son voluto privare dell'opportunità di godere anch'io della fascinosa e rarissima esperienza estetica in questione. Costo dell'operazione: 4 euro d'ingresso + 1.90 per trancio di pizza a taglio con melanzane. Ottima. Danni morali per sovra-stimolazione del sistema nervoso, limitatamente alla parte di esso preposta all'esercizio dello spirito critico distruttivo: incalcolabili. "PARANOYD" DICEVAMO.... Ebbene, immaginate due aspiranti attori-registi-produttori. Lui a metà tra DJ Angelo e Andrea Roncato anni '80 - eticamente dico - lei splendidamente sovrappeso e assai generosa nel mostrar straripanti & spumose grazie con leccisiana voluttà.. entrambi logopedisticamente impediti nell'articolazione di fonemi (NON per esigenze di sceneggiatura) ed ambedue convinti di potersi ritagliare uno spazio nel mercato (e mai termine fu più appropriato) della videoarte all'amatriciana e/o nel sottobosco del cinema 'sperimentale' low budget. Ok? Visualizzato il tutto? Ecco. La prospettazione immaginifica appena partorita sarà di certo esperienza estetica incomparabilmente più degna di quella che vi sarebbe toccata se foste stati lì con me, al Detour, quell'infausta sera di un umido novembre. La presunzione 'distributiva' di certi autodefinitiSi 'autori' ha del comico... è pari solo al di loro analfabetismo estetico, e i modelli a cui s'ispirano ne son chiara riprova. L'elemento tragico - presente in ogni farsa che si rispetti - è che MIGLIAIA di addetti ai lavori, cinèphile, cultori, fanzinari, fintoartisti e trashofili (io ad esempio appartengo ad una buona metà di tali categorie: la metà peggiore) ci cascano con tutte le scarpe. Alimentando un tam tam da 'circuito off' che, oggi come mai in passato, è troppo spesso Velo Maya (s)teso a nascondere Vuoti contenutistici, estetici, culturali, realmente desolanti. Trama inesistente (e, intendiamoci, ciò non sarebbe di per sè un difetto, anzi..); codici espressivi da reality show defilippiano (e questo, forse...); rispetto per lo spettatore pari a quello che giuliano ferrara avrebbe d'una teglia di lasagne al forno ancor fumanti; effettacci visivi reiterati in maniera nauseante e sinistramente simili, per forme ed animazioni, a larga parte dei "salvaschermo" per pc esistenti sul mercato. Ricordo che 7 anni fa', a casa del mio amico Ede, di tanto in tanto ci si abbandonava alla psichedelìa a buon mercato fatta di forme e colori tipica della riproduzione di tracce musicali su pc. Era il 2000, io ero quasi una persona felice e quella cosa lì si chiamava "fasse le canne a casa di Ede". Oggi è il 2007, io son quello che sono, lo skyline non è più lo stesso e quella cosa lì si chiama "ardita sperimentazione videoartistica". O meglio "caso cinematografico dell'anno". No, scusate: "Unica cosa affascinante del cinema italiano contemporaneo". Il confine della Decenza è materia per certi versi simile alle abbondanti e pannose forme della protagonista del "Caso"... tende a debordare, ad invadere spazi prima non occupati da Alcunchè, a proiettar ombre su superfici immacolate. Eppure, di fronte a tale fluttuazione materica.. a tale tumorale degenerar di lembi, e mutar di connotati, sì, può legittimamente accadere di subire una qualche forma di fascinazione ancestrale, di atavico retaggio ad assalire. Se si è psicopatici la cosa aiuta. E, spesso, SI E'. In fondo nel Trasfigurar di Senso si racchiudono (e si CONcludono) molti fondamentali percorsi critici ed estetici, escursioni sensoriali verso Dove appena sperati. Il guaio è quando il Dove fa rima con il Quando, e la distanza tra l'uno e l'altro scandisce solo i passi che condurranno a non perdere l'autobus di mezzanotte. Perchè se su schermo scorre qualcosa di perfino più mediocre del Reale, allora tanto vale abbassar palpebre, pretese e guardie varie, e sopprimerSi come fruitori, accettando il cannibalico paradosso secondo cui - caso raro ma non unico - è l'Opera a fruir di Te. E' lo spettatore ad esser 'goduto', a donare 'artisticità', legittimazione estetica a qualcosa di PIU' grave del Brutto. E', dolorosamente, l'Abisso a guardarti dentro. Vero Quentin?