A est si fa così, si dilatano i tempi, il narrare perde quella connotazione didascalica tanto cara al cinema occidentale e si espande sostituendo alla verbosità la pulizia dell’ immagine, alla frenesia la sospensione narrativa , alla paura dell’attesa il piacere dell’attesa. Sono altri linguaggi cinematografici, che emergono dagli abissi della “storia” in cui sprofonda gran parte del nostro cinema per galleggiare a fior di emozione, illuminando le idee con la maestosa capacità evocativa delle immagini, il rigore delle inquadrature, il doloroso uso delle metafore in cui la stratificazione narrativa si compie verso più elevati livelli di consapevolezza. L’assurdo che irrompe nella realtà, salvandola dal realismo e diventando perfettamente plausibile è un meccanismo di purificazione, una leva per il distacco dal genere, instillando vita e unicità alla pellicola. La recitazione è minimale e sofferta, lo sforzo di essere un’identità diversa in una società in cui molto spesso l'identità è annullata a favore dell'omologazione è il premio che consente ai visi di esprimere le emozioni in pochi battiti di ciglia, ai corpi di comunicare in pochi gesti. Ci sono però autori occidentali, molti europei che hanno fatto di queste caratteristiche una loro peculiarità, un cinema occidentale che abbraccia per grammatica cinematografica o anche solo per estemporaneo accostamento quello orientale e attende, nelle scene di doloroso immobilismo, nell’ assenza di quei dialoghi che dovrebbero riempire il tempo dello spettatore che di tempo da perdere per “sentire” non ne ha, che il vuoto estragga l’anima di chi assiste e che quel tempo, tra una scena e l’altra trascorra come parte integrante di tutte quelle cose che vivendo un po’ si perdono.
Helsinky di cristallo e punti di luce. Koistinen è trasparente e fragile. La poesia corrode la vita delle persone e nel silenzio due mani si stringono cercando di trattenere le rispettive esistenze.
Un film raggelante nella sua fisica spietatezza. La distaccata discesa verso l’inferno di un fantasma vinto dall’amore e dalle sue letali conseguenze. La maschera di Toni Servillo è teatro No made in Italy.
Talassemia di sentimenti, una coppia che assomiglia tanto ad una nemesi. Un sentimento freak che degenera nella fotografia livida di un tempo in cui l’appropriarsi degli altri è un diritto inalienabile.
Con Matt Dillon, Lili Taylor, Fisher Stevens, Marisa Tomei, Didier Flamand
A Chinasky/Bukowski in maglietta sporca e sigaro spento in bocca viene presentato un altro scrittore in giacca e cravatta. Silenzio per 2 minuti. Poi si alza e se ne và. Grande.
Con Ulrich Muehe, Susanne Lothar, Arno Frisch, Stefan Clapczynski
In streaming su iWonder Full Amazon channel
A camera fissa , per 5 interminabili minuti dopo lo sterminio della famiglia. Haneke sospende il giudizio e ci passa la palla, il film ora siamo noi e lui da dietro lo schermo assiste al nostro spettacolo di disgusto, fastidio, frustrazione.
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