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OMAGGIO A Frank Pierce
di Sean Penn ultimo aggiornamento
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Sean Penn

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OMAGGIO A Frank Pierce

Frank Pierce, paramedico di New York. Autore del romanzo "Bringing out the dead". Provo a sentirlo, ad immedesimarmi nella sua empatia. E tiro fuori quello che lui è o quello che percepisco di lui. "Come perdonarsi di un errore madornale, cosmico, del genere? Qualcuno è morto. La vita ti affonda di nuovo e vorresti tornare indietro. Quando non tremavi, mai. Vai avanti, non reclini il capo. Qui imponi una certa legge, nessuno che ti creda, lavoro sospeso a metà, muori, qualcuno sa che vivesti? In quale anfratto giace la tua anima, illibata e candida? Una ricerca nel profondo e sprofondi. Ti becchi l’ergastolo da solo. Sì, un giorno avverrà, la fine delle mie agonie. Lì, non ci sarò più, mi fido ed affido, prima che muoia del tutto. Lavori, ti consumi. Forse amante volevi me? Cosa di me? Parlo a vanvera, apro bocca. Giri a vuoto e ti corichi in un letto di rose. Un ricatto opprimente, avvitante, ridi e scherzi come un ebete, alla grandissima. Mio padre, un inetto, timido, incapace di tutto. Spera che siano sempre gli altri a risolvergli il problema, si affida agli altri, alle mani esperte. E’ il sorriso che viene annientato, una giornata senza fine, che si attorciglia su di sé, tutt’attorno bagliori di morte, un gracchio irrespirabile. Pesantezza, un rumore assordante, le mie viscere, un altro boato di morte. Chi ti tradisce, non ti cura, assorbi nuovo odio, implacabile, ti cosmetizzi. Crema, ti deodori. Stufo di apprendere regole da chi vuole istruirti, darti una dritta, una direzione. Vaffanculo, netto, affoghi, un sospiro madido. Corpulento, e poi fragile nella tua forza, la carne non è la tua gioia, ti affianchi a gente stramba che non ti tira più fuori dal rovo di spine. Sangue, ti pizzica in gola. Lo mordi. Registri tutto quel che ti capita a tiro, smorzi l’entusiasmo, la passione, con gli occhi di vetro. La formalità, le convenzioni. L’aspetto esteriore, quel che sei, che lo smarrisci, va via, vola e non lo acchiappi più. La tua bellezza mi commuove, quasi quasi mi uccido per la vergogna, afferro un attimo e svanisco. Non posso guardarti negli occhi, non posso, sono il responsabile del mio suicidio emozionale, non posso affatto. Non posso, lo grido dentro di me, un urlo che non trova catarsi nè pace. No, non c’è amore, o forse troppo. Ecco, vorrei interrogarmi per una volta, andare da solo, camminare nel traffico, ammalarmi di estasi, d’idiozia, sapere che domani non sarò cresciuto, ma possiedo quell’anima infantile e mi ANIMO!!! Sì, mi ANIMO!!! Per ogni stupidissima cosa. Anche la più banale, quella che sarebbe ridicola per chiunque. E’ come qualcosa che per gli altri non sarà mai spiegabile. E’ come uscire da un buio, lacerante, avviluppante, devastante, che m’ha reso cieco per troppo tempo e rivedere quel brio, quel colore, quel Rainbow che per gli altri è oggi un mesto ricordo, la loro vita grigia ed opaca. Senza nulla. Il nulla che riempiono di altro niente. E si divertono pure". Stefano Falotico

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