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LA STRIDENTE LOGICA DI UN SOGNO
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LA STRIDENTE LOGICA DI UN SOGNO

Corridoi che portano ad altri corridoi. Porte che portano ad altre porte. Questo è il “Il processo”, ovvero la stridente logica di un sogno. Cupa metafora dell'uomo sfiorato all’improvviso dalla mano imprevedibile del fato e predestinato a vagare incessantemente tra bagliori di tenebra, solo contro le forze dell’universo alla ricerca di un perché, di una pur minima motivazione, del più labile indizio in grado di giustificare un’irreversibile condanna. Il cupo fatalismo kafkiano, sfociante in vere e proprie parabole di ordinaria visionarietà, si coniuga con la tonitruante personalità wellesiana, due mondi dal contrasto stridente, dagli opposti che s’incontrano. Un connubio a dir poco azzardato sulla carta, due personaggi antitetici che finiscono col fondere in un crogiuolo di ghiaccio incandescente le loro rispettive personalità per dar vita ad un capolavoro di vaste proporzioni, in grado perfino di tener testa, a mio parere, alle “rosabelliane” elucubrazioni del Nostro, ma non idoneo ad entusiasmare critici e platee a causa delle scomode e fatalistiche tematiche dello scrittore cecoslovacco, oppresso per tutta la vita da latenti ed immotivati sensi di colpa e da pressanti complessi d’inferiorità. Evidentemente le vicissitudini post mortem del magnate Kane hanno la meglio ai tempi supplementari nei confronti di presunte insulsaggini di un anomalo poliziesco senza preciso movente e dal finale scontato a prova di bomba (o di coltello?!). L’autore fa affondare il malcapitato protagonista della storia nei labirintici scorci prospettici della Gare d'Orsay, una stazione ferroviaria parigina abbandonata ed usata come set cinematografico, stracolma di merce umana impiegatizia di scarso valore destinata ad un probabile ammasso, in un probante sguardo d’assieme di profetiche visioni anticipatrici delle nostrane nevrosi da mobbing e derivati. Il tutto rischiarato dalla grande fotografia di Edmond Richard: un bianco e nero tagliente, ossessivo, con contrasti netti e marcati, che illumina dal basso a volo radente spettrali lineamenti di guardiani della legge in libera uscita spandendo il suo alone sinistro su babeliche aule di tribunali pullulanti di folla in preda al delirio e su nugoli di scheletri umani viventi raggiunti dalla mano della legge, vaganti nell'anticamera di un inferno terreno confezionato su misura. Tutto è sproporzionato, fuori dell’ordinario in questo mondo sospeso sul bordo della follia, frutto di un inconscio deviante elevato all’ennesima potenza e translato in immagini da incubo, frutto di una visionarietà allucinata che non pone alcun limite all'eccesso. La stridente logica fatalistica kafkiana è resa con implacabile efficacia in dialoghi fra sordi che puntualmente non conducono da nessuna parte, seguendo un canovaccio obbligato che porta direttamente ad un pirotecnico (ed infedele) epilogo. L’essere umano è costantemente introdotto come un’entità abbandonata a sé stessa e fiondata in balia degli eventi, come una specie di insignificante pedina sulla scacchiera della vita, sacrificabile senza batter ciglio al minimo soffio di vento. Tanto di cappello alla regia che trasuda atmosfere kafkiane rivisitate wellesianamente ad ogni minimo fotogramma, in una sorta di processo osmotico con la fonte originaria, tra ardite giustapposizioni di inediti elementi narrativi ed improvvise quanto inaspettate impennate dei moduli della scrittura verso soluzioni estremizzanti più vicine al grottesco registico che allo stridente e serioso fatalismo originario. Opera dalla disgregante forza centripeta. Non inferiore, non mi stancherò mai di ripeterlo, al celeberrimo “Quarto potere”.Da studiare e ponderare fotogramma per fotogramma (per i più pigri sequenza per sequenza) come esempio illuminante di pulizia stilistica ed estremizzante capacità di rappresentazione. A prova di grandangolo. Opprimente e necessario.

Playlist film

Il processo

  • Drammatico
  • Italia, Germania, Francia
  • durata 118'

Titolo originale Le procès

Regia di Orson Welles

Con Anthony Perkins, Jeanne Moreau, Romy Schneider, Orson Welles, Elsa Martinelli

Il processo

Qualcuno doveva aver diffamato Josef K. perché, senza che avesse fatto nulla di male, una mattina venne arrestato. La cuoca della signora Grubach, la sua padrona di casa, che ogni giorno verso le otto gli portava la colazione, quella volta non venne.

Rilevanza: ancora nessuna indicazione. Per te? No

Il processo

  • Drammatico
  • Italia, Germania, Francia
  • durata 118'

Titolo originale Le procès

Regia di Orson Welles

Con Anthony Perkins, Jeanne Moreau, Romy Schneider, Orson Welles, Elsa Martinelli

Il processo

Ciò non era mai accaduto. K. Aspettò ancora un po’, guardò dal suo cuscino la vecchia signora che abitava di fronte e che lo osservava con curiosità del tutto insolita per lei, poi però, meravigliato e affamato a un tempo, suonò.

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