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Cronaca di un amore

Regia di Michelangelo Antonioni vedi scheda film

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La recensione su Cronaca di un amore

di FABIO1971
8 stelle

Tre film in particolare, tra il 1949 e il 1950, avviarono l'opera di affrancamento del cinema italiano dal Neorealismo: Totò cerca casa, di Steno e Monicelli, che ne parodiava schemi e poetiche; Domenica d'agosto, di Emmer, che frullava quegli schemi e quelle poetiche raffinandone le meccaniche drammaturgiche e riaggiornandoli, con i tempi e i modi della commedia, alle evoluzioni sociali e del costume; e, appunto, Cronaca di un amore, con cui Antonioni, esordendo nel lungometraggio a soggetto dopo un triennio di esperienze documentaristiche, ne accelerava il definitivo superamento, passando dal realismo esteriore a quello interiore e ribaltandone stile ed intenzioni con i toni e gli strumenti dell'analisi psicologica dei sentimenti e dei tormenti dell'animo umano, indagando senza retorica e moralismo su personaggi dell'alta borghesia (con i loro riti e i canonici luoghi di ritrovo, dai bar alla moda ai night-club, dalle prime alla Scala alle frivole ostentazioni del lusso) anzichè sulle miserie delle classi più povere, dipingendone disagi, egoismi e sofferenze interiori e collocandoli sul baratro di un'incombente solitudine. La protagonista è Paola (una splendida Lucia Bosè), sposata con un industriale milanese che affida ad un'agenzia investigativa l'incarico di scandagliare il suo passato: dalle indagini viene fuori un vecchio amante, Guido (Massimo Girotti), con cui la donna riallaccia dopo anni una relazione appassionata ma senza speranza: a meno che, propone Paola, non uccida il marito. Girato tra Milano (con locations come l'Idroscalo e il Planetario, che aveva appena riaperto da pochi mesi dopo i danni subiti durante i bombardamenti della guerra) e gli stabilimenti Fert di Torino, ispirato da un fatto di cronaca dell'epoca (il delitto Bellentani, con la contessa Maria Pia Bellentani che nel 1948 uccise il suo amante, l'industriale Carlo Sacchi, durante una festa a Villa d'Este, sul lago di Como) e scritto da Antonioni con la collaborazione di Daniele D'Anza, Maselli (anche aiuto regista), Silvio Giovannetti e Piero Tellini recuperando le suggestioni noir delle versioni cinematografiche ispirate da Il postino suona sempre due volte di James Cain (dall'originale di Tay Garnett a Ossessione di Visconti e La fiamma del peccato di Billy Wilder), Cronaca di un amore è un'opera di importanza storica e cinematografica fondamentale, rigorosa e dal coinvolgente fascino visivo, ardita negli scarti narrativi, nello smalto e nella grazia formale dei virtuosismi stilistici (con i memorabili piani-sequenza e la fluidità dei movimenti di macchina), nella certosina ed impeccabile cura nella composizione delle inquadrature, nella vitalità dell'ispirazione. Un film amarissimo e denso di sfumature, magistralmente evocate dal bianco e nero della fotografia di Enzo Serafin e dalla meravigliosa colonna sonora per sassofono e pianoforte di Giovanni Fusco (premiata con il Nastro d'argento), squarciato dagli assordanti e dolenti silenzi dell'angoscia esistenziale, alimentata, sottolinea Anotnioni, dalla raggelante aridità morale delle coscienze dei suoi personaggi.

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