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Carlito's Way

Regia di Brian De Palma vedi scheda film

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Eric Draven

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La recensione su Carlito's Way

di Eric Draven
10 stelle

 

di Stefano Falotico

 

La fiamma dell’impossibile sogno arso

 

Dopo il mastodontico, titanico, esagerato Scarface, De Palma e Pacino tornano a lavorare assieme. E questa nuova réunion genera un’opera dalla magnificenza prodigiosa.

Una delle vette più alte della carriera di entrambi, ancora forse più “insanguinata” di passione sofferente e sfrenatamente romantica de Gli intoccabili, Carlito’s Way è un apogeo emozionale di tutto il migliore, immenso De Palma condensato in maniera, non manieristica però, corroborante, pregna di pathos adrenalinico, una tragedia che esplode con il contagocce, di raffinate inquadrature intersecate una dopo l’altra per una visione che, cronometricamente a scandirsi focosa, stordisce, commuove, è una esplosiva miscela di melò, azione feroce, di suspense calibrata in scene d’antologia memori del maestro Hitchcock tanto amato e (auto)citato da Brian, il quale, attraverso la perfetta sceneggiatura di David Koepp, per oltre due ore ci appassiona col suo Cinema mozzafiato, due ore e oltre magnetiche, limpida ipnosi immaginifica e vorticosa a permearci, avvolgerci, divellerci il cuore in nostro cardiaco sussultare, tifare per il malinconico gangster incarnato da un Al Pacino stupendo.

Questa è una normale storia di “mafia” come mille altre. Ma la forma, che De Palma plasma nell’intelaiatura di stupefacenti immagini viranti al rosso languido, tramite la caleidoscopica fotografia multicolore di Stephen H. Burum, si trasforma in grandioso Cinema. Detonante.

Il film esce nel 1993. La vicenda è però ambientata nei ’70, precisamente nell’anno 1975.

Charlie Brigante, detto Carlito dai suoi ex “amichetti”, quelli che proprio l’hanno vigliaccamente tradito, incastrandolo, è infatti un ex re dello spaccio di droga uscito dal carcere prima del previsto, grazie all’abilità leguleia dell’avvocato David Kleinfeld (un grande Sean Penn).

In prigione, ha capito d’aver sbagliato vita. E, una volta fuori dalla gabbia, vorrebbe solo godersi a vita la meta paradisiaca d’un grande sogno da sempre sospirato ma che, appunto, gli errori di gioventù, le cattive “compagnie”, le circostanze sfortunate, la sua vocazione a mettersi nei guai e il circolo vizioso scaturitone, hanno fino ad ora incrinato.
Così, grazie all’aiuto finanziario del suo avvocato, oramai divenutogli amico per la “pelle”, per poter far quei soldi che gli permetteranno d’involarsi su un’isola dei Caraibi, diventa il gestore di un rinomato locale, “El Paraiso”, tentando di mantenersi fuori dagli affari sporchi.

Ma quel sogno, che sembrava così reale e realizzabile, lentamente svapora. Il suo avvocato s’è cacciato in un grosso pasticcio con un suo cliente, un boss a capo di un potente clan.  Puzza di vicolo cieco...

Kleinfeld agisce di testa sua e la combina grossa, ma non riveleremo altro. Sveliamo solo che, per questa mossa azzardata e “suicida” del suo avvocato, Carlito dovrà fuggire, ancora..., e sarà costretto ad accelerare i tempi.

Eri tornato libero, Charlie..., e la tua ex donna, il tuo angelo biondo, avevi riconquistato per amarla sin all’eternità.

L’esistenza però non dimentica, qualcuno deve pareggiare i conti e saldare un antico, sgarbato torto, il passato ritorna, i tuoi occhi gemono prima del silenzio.

Un altro treno sta partendo, un fremito sbuffante, la nostalgia dell’imperdonabile rimpianto.

Capolavoro assoluto.

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