Regia di Carlo Verdone vedi scheda film
Dopo il grande debutto con "Un sacco bello", Verdone si cimenta in un road movie tenendo ben stretti i punti di forza del suo primo film: tre personaggi diversi e irresistibili, ottime situazioni comiche, la solita tendenza a dipingere un ritratto della società, ma soprattutto la nota malinconica e la solitudine che rendono inconfondibili le sue pellicole. Si ride a crepapelle con le scene cult del redivivo Mario Brega (qui in versione camionista con mano biunivoca fèro/piuma), le scenate al limite del sopportabile del pignolissimo Furio, i grandiosi siparietti con la Sora Lella, le mille peripezie del taciturno Pasquale Amitrano. Ma allo stesso modo, Carlo trova il tempo per la riflessione, per rallentare i tempi e per darci modo di asciugarci gli occhi. La toccante scena della visita al cimitero, tenera e semplice ma di grande effetto, e la terribile morte della nonna, resa ancor più straziante dall'apatia degli scrutinanti, sono tra le più belle dell'intera carriera registica di Verdone, che non evita mai qualche pugno in faccia alla società. La fine ci regala tre personaggi soli, come nel film precedente, forse con ancora meno speranze: Mimmo corre in preda al dolore, Furio è sperduto in mezzo a una Roma che ha inghiottito la sua Magda e Pasquale se ne torna a Monaco di Baviera, alla sua monotona vita di lavoratore. E' una tristezza che sale pian piano, che c'è sempre, che resta come un piccolo spillo nelle risate che il film ti regala. Risate proprio per questo uniche nel loro genere.
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