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La ragazza che sapeva troppo

Regia di Mario Bava vedi scheda film

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La recensione su La ragazza che sapeva troppo

di maghella
10 stelle

Non ci posso fare niente, devo dare 5 stelle a questo film. Bava confeziona un Giallo, con la “G” maiuscola. Regista, collaboratore alla sceneggiatura e direttore delle luci, la cura che quest'uomo mette nei propri lavori è completa, è quella di un padre che accompagna il proprio figlio al primo giorno di scuola: cura il lato estetico, ma non trascura assolutamente ciò che deve trasmettere, la storia, l'atmosfera. Inventa inquadrature degne dei migliori registi stranieri dell'epoca, in Italia in quei giorni (parliamo dei primi anni '60) il cinema nostrano trionfava nella commedia, nei drammatici realisti, trionfavano gli attori di strada, grandi nomi prendevano il volo (Fellini, Rossellini, Antonioni, Monicelli e tantissimi altri), eppure Bava in un minor fragore confezionava questi piccoli gioiellini, che tanto hanno influenzato il cinema di genere degli anni futuri.

 

Un giallo, con attori non conosciuti, che molto poco hanno fatto in seguito, in bianco e nero che ci mostra dei colori che forse abbiamo solo nella nostra testa, ma che non facciamo fatica ad immaginare. Tutta la vicenda si svolge a Roma, luminosa di giorno, cupa e paurosa di notte. Trinità dei Monti è il teatro di un terribile omicidio, visto da una ragazza americana sotto shock per la morte appena avvenuta di una sua conoscente della quale era ospite. Bava formula quello che sarà un motivo poi utilizzato da tantissimi altri in futuro: vedere qualcosa di terribile, farlo vedere anche allo spettatore, mischiare il tutto, creare confusione, per poi svelare tutto alla fine.

 

L'intrigo della storia funziona per tutto il film, la presentazione di più personaggi più o meno ambigui confondono sulla possibilità di chi sia l'assassino, c'è la presenza di nastri registrati con voci paurose e ambigue, ombre alle finestre, scorci della città degne di un Fritz Lang, piccoli separietti simpatici che servono per smorzare l'ansia, e infine la scoperta dell'assassino che è davvero da antologia, e mi sto legando le dita per non svelarlo qui... ma davvero merita di essere assaporato, perché è un vero colpo di genialità, se si pensa che è il primo ad inventarsi un personaggio del genere... Non ci posso fare niente, mi prende l'entusiasmo, per un film che prende dall'inizio fino alla simpatica fine, con un risvolto davvero ironico per i tempi.

 

Scene preferite: tra le prime, quando la protagonista scopre in casa della conoscente che è morta, il gatto cerca di montare sul letto della morta facendola traballare in modo sinistro.

 

Quando la protagonista in casa da sola,scorge dietro la parete a vetri satinati una figura di un uomo che la spia, iniziando un gioco di luci ed ombre da far accapponare la pelle.

 

Quando la ragazza entra in un appartamento disabitato, una voce paurosa la invita ad entrare, ma in verità si tratta di un nastro registrato...Tutto molto efficace, sia per la location con lampadine che ondeggiano e persiane che sbattono, sia per l'idea di utilizzare una voce senza corpo.

 

Bella la canzone “Furore” che è il tema di tutto il film, cantata da un giovanissimo Adriano Celentano.

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