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Boudu salvato dalle acque

Regia di Jean Renoir vedi scheda film

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La recensione su Boudu salvato dalle acque

di EightAndHalf
8 stelle

Per andare ad analizzare attentamente la figura del clochard almeno nella storia di inizio Novecento, non si può non passare, subito dopo che da Chaplin, da Michel Simon e dal suo Boudu nell'inarrivabile Boudu sauvé des eaux di Jean Renoir. Simon va a costruire una figura topica che getta scompiglio in una realtà borghese ripulita e straordinariamente ipocrita, e Renoir sa ridere grottescamente su terribili verità inquadrando tradimenti, matrimoni di comodo e passioni frustrate, soltanto sfruttando la figura fisica di Boudu, che si muove spesso in maniera irregolare negli spazi angusti della casa del signor Lestingois, tanto che temiamo (o speriamo?) che da un momento all'altro il nostro eroe (!) distrugga qualcosa, o vi salga sopra (curioso il rapporto fra Boudu e i tavoli). Renoir adotta uno stile cinematografico molto affascinante che si fa portatore di primi piani espressivi, di carrellate tra il lirico e l'assurdo (tutta la sequenza che vede la mdp allontanarsi dalla terrazza dove si tiene un ricevimento di matrimonio fino ad inquadrare la barca su cui sta Boudu con la sua nuova famiglia è da brividi), di un montaggio vivace e mai prolisso, che magari non azzecca sempre i tempi, ma che riesce a creare una superba miscela di humour, di presa per i fondelli e di perdita delle certezze. Un film che deve aver visto Bunuel, perché come nei capolavori francesi del regista spagnolo, Renoir sembra creare un vero e proprio labirinto psico-sociale, in cui la famigliola borghese accoglie in casa per fama o per qualche altro oscuro motivo un barbone che aveva appena tentato di suicidarsi, e finisce per tenerlo con sé, nonostante le numerose intenzioni di cacciarlo fuori casa. L'oggetto della satira è presto detto: una società di forme e senza contenuti, che sa ridurre le passioni (anche giovanili) a schemi prestabiliti e si compiace delle illusioni che costruisce per se stessa, senza mai aspirare a una vera libertà. Quella che, dopotutto, raggiunge Boudu, scappando dopo aver fatto quella che qualunque comune mortale civilizzato chiamerebbe "fortuna" (una vincita alla lotteria e un matrimonio finanziariamente favorevole). E non sfugge all'acre sguardo di Renoir nemmeno la "cultura borghese", o meglio i falsi (pre)concetti che la classe media sbandiera con tanta vanità e tanta sconvolgente ingenuità ("Fisiologia del matrimonio" di Balzac, su cui Boudu allegramente sputa).

 

Per il resto, Boudu sauvé des eaux vanta, come già detto, un'eccezionale impianto estetico, tanto da poterlo considerare un film immortale e - oltretutto - ingiustamente dimenticato.

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