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Superman

Regia di Richard Donner vedi scheda film

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La recensione su Superman

di solerosso82
8 stelle

Le origini del supereroe più celebre di tutti i tempi, Superman (Christopher Reeve), dall’esodo ancora in fasce dal pianeta morente per volontà del padre Jor-El (Marlon Brando), l’infanzia nel Kansas, l’incontro con la giornalista Lois Lane (Margot Kidder), concludendosi con le sue prime, trionfali, imprese contro i diabolici piani del criminale Lex Luthor (Gene Hackman).

 

Superman Il film non rappresenta soltanto l'antesignano dei blockbuster supereroistici di ultima generazione: è diventato la più memorabile incarnazione del popolare supereroe, più leggendaria ancora delle sue migliori storie a fumetti. Un giocattolo quasi perfetto, diretto da un ispirato Richard Donner e reso mitico dalla sublime interpretazione di Christopher Reeve.

Quattro lunghi anni di produzione, tra cambi di regista, location (i primi set furono allestiti a Cinecittà, per la regia di Guy Hamilton) e un interminabile lavoro di casting per il ruolo principale, circondato da star del calibro di Marlon Brando, Gene Hackman e Glenn Ford.

Concepito come una favola post-moderna, è la metafora messianica del sogno americano, espanso addirittura (e forse in modo un po' pretestuoso) ad ordine stesso del cosmo. Tratto dall'omonimo fumetto risalente agli anni della Grande depressione (omaggiato nella scena d'apertura che precede i titoli di testa), il film può essere diviso in quattro atti. Il primo, cupo e tragico, ambientato sullo sterile pianeta Krypton, è scandito dalle severe ammonizioni, teatralmente shakespeariane, di Jor-El (Brando). Il secondo atto, più malinconico, fotografato dai suggestivi grandangoli di Godfrey Unsworth (morto a fine riprese e al quale è dedicata la pellicola), si svolge nel Kansas: il futuro eroe atterra, fedelmente al mito di Jerry Siegiel e Joe Shuster, nel cuore dell'America più umile degli anni ‘50, allevato secondo i “sani” principi dell’american way da Jonathan Kent, dietro al volto rassicurante di Glenn Ford. Nel successivo intermezzo all'interno dei cristalli monolitici della Fortezza della Solitudine, il lungo monologo di Jor-El al figlio (Jeff East) delinea le allusioni cristologiche incarnate dalla figura di Superman, fiero pioniere della democrazia americana nell'universo. E’ qui che assistiamo al primo, leggendario, volo dell’eroe annunciato dalla fanfara di John Williams. La terza parte trasloca a Metropolis, dove i toni eccessivamente cartoneschi e caricaturali del trio villain Luthor - Eva (Valerie Perrine) - Otis (Nead Beatty) si alternano ai spettacolari salvataggi del supereroe (che trova il tempo anche per restituire un gattino a una bimba, in una vera e propria chicca del cinema per ragazzi) e ai brillanti toni da commedia surreale offerti dalla splendida coppia Reeve/Kidder. E’ nei cieli notturni della città che si materializzano i sogni di Lois, che, finalmente abbracciata al suo principe azzurro in un magico volo romantico, svela dolcemente i suoi segreti allo spettatore sulle magnifiche note di John Williams: la scena costituisce, a tutti gli effetti, l’apoteosi fiabesca di quel sense of wonder che permea l’intero film. Hackman, infine, incarna un villain tipicamente bondiano: nel suo personaggio si sente molto la mano di Tom Manckieviciz, chiamato da Donner a riscrivere la sceneggiatura di Mario Puzo (già rimaneggiata da Robert Benton, David e Leslie Newman).

La scelta di girare in contemporanea i primi due film, i lunghi mesi di riprese in studio  e un'estenuante post-produzione (necessaria per il montaggio delle complesse scene di volo) rallentarono i tempi e raddoppiarono il budget stanziato, causando forti attriti tra la produzione e il regista, successivamente licenziato per il sequel, nonostante il grande successo internazionale della pellicola. Tre nomination agli Oscar (montaggio, sonoro, colonna sonora) e una statuetta vinta per gli effetti speciali supervisionati da Colin Chilvers, Wally Wevers (comparto ottico-visivo), Derek Meddings (miniature), Les Bowie (matte-paintings e rotoscoping). Zoran Perisic inventò il sistema zooptic, una complessa cinepresa in grado di ruotare sui tre assi e dotata di un sofisticato sistema di lenti e zoom, che, associata a uno sfondo di materiale riflettente in blue-screen, creava la sorprendente illusione di sfondamento "supersonico" dello schermo da parte del personaggio in volo. Al designer starwarsiano John Barry si deve il look di Krypton e della Fortezza della Solitudine. Immortale la colonna sonora di John Williams, dalle affascinanti atmosfere wagneriane e straussiane, il cui tema si apre maestoso sugli imponenti titoli di testa tridimensionali ideati dallo studio inglese di Roy Pace.

Donner girò più di tre ore di film (sequel escluso!). Nel 2001 uscì un Director’s Cut con l'aggiunta di circa 15 minuti di scene, supervisionato dal regista. Sarebbe ancora in corso di trattative con la Warner, invece, un'ulteriore extended cut, con l'aggiunta di scene già montate occasionalmente in diverse proiezioni televisive americane (alcune delle quali inserite nei contenuti extra della recente edizione home-video), già oggetto di bootleg e fan-cut.

Quasi quarant'anni per un classico che fa sognare ancora nuove e vecchie generazioni

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