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Willy Wonka e la fabbrica di cioccolato

Regia di Mel Stuart vedi scheda film

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La recensione su Willy Wonka e la fabbrica di cioccolato

di Decks
8 stelle

I passaggi televisivi di specifici film sotto le festività natalizie spesso non sono sinonimo di stancante ripetitività, ma possibilità di riscoprire pellicole ingiustamente cadute nell'oblio; questo film ne è il perfetto esempio: una magica e divertente opera che appassionerà sia grandi che piccoli.

 

Il ringraziamento a Roald Dahl è obbligatorio: lo scrittore riesce sapientemente a creare il sogno di qualunque bambino, usando uno dei cibi più adorati in giovane età: i dolci. Perchè se c'era una cosa, che nella favola di Hansel e Gretel, aveva catturato e conquistato l'attenzione di qualunque infante, era proprio quella casa, dove ogni oggetto è deliziosamente commestibile.

Ed ecco che dopo una mezz'ora di ricerca spasmodica del biglietto vincente (una vera critica all'uomo, che si lascia infinocchiare da simili azioni di marketing) Charlie ha il diritto di entrare in un mondo fantastico, composto da fiumi di cioccolata e pareti al sapore di frutta; la magia si è avverata. Ed in mezzo a questo tripudio di fantasia, a condurre i cinque ragazzini, è un assurdo cicerone: apparentemente incomprensibile, incuriosendo lo spettatore visti i suoi modi irriverenti e cinici, ma pur sempre simpatici e giusti.

Una cosa che Dahl disapprovò fu proprio l'ampliamento del ruolo di Wonka, da parte dello sceneggiatore David Seltzer, sottolineando che era Charlie il vero protagonista; Seltzer, fortunatamente, rende irresistibile e sorprendentemente maturo il ruolo dell'imprenditore, destinato a rimanere nell'immaginario di molti anche per merito di Gene Wilder: egli gli conferì movenze uniche e impudenti, insieme ad una vera espressività da folletto, con sorrisi da uno che la sa lunga e grande affabilità, più svariate citazioni basate su opere di Wilde e Shakespeare.

Seltzer realizza un copione dal senso grottesco, con un'ironia talvolta crudele, ma ben più d'insegnamento di opere più perbeniste, punendo i viziati ragazzini attraverso simbolici castighi.

A parte le ottime sceneggiature, altri aspetti tecnici ben riusciti sono senz'altro musiche e fotografia: le prime aggiungono un tocco di spensieratezza e una sorsata di speranza ad immagini colme di magia, dove danze e solfeggi di negozianti o di nonno Joe portano solamente allegria, mentre quelle degli Umpa Lumpa lasciano un sorriso di compiacimento alla giusta sorte dei viziati bambini; le seconde invece contribuiscono a rendere gli ambienti interni o esterni strampalati e affascinanti: dai colori più accesi che non si può, volti a marcare la dolcezza delle scenografie e dell'atmosfera che si respira in tutta la pellicola: quella speranzosa dove un bambino puro di cuore farà ricredere sulle brutture del mondo uno strambo industriale.

 

Purtroppo negli aspetti tecnici è proprio la regia che non funziona a dovere: Stuart si limita a mantenersi a distanza, lasciando che ottime sceneggiature e Wilder sfoggino tutto il loro repertorio, la cinepresa resta immobile, senza un briciolo di personalità, lasciando agli effetti speciali lo sfoggio artistico delle scenografie non arrischiandosi neppure in piani sequenza o altro al di fuori della tecnica elementare.

Al trucco non ci si fa caso, ma bisogna ammettere che gli effetti speciali dopo tutti questi anni risultano un po' datati, in alcune sequenze sanno molto di finzione, ma è il minore dei problemi una volta entrati nell'ottica immaginaria del film. L'intreccio, invece, dopo un inizio molto ritmato, si riduce a piccoli episodi avente una morale, che sì, sono ben apprezzati, ma sono spesso scontati, frettolosi e a volte per niente simpatici (la scena con le bolle). Tutto si conclude in un finale, che definire sbrigativo è poco, mandando un lieto fine racchiuso in pochi minuti con una veloce panoramica sulla città.

 

L'avventura di Charlie all'interno della fabbrica più dolce del cinema, è magica, emozionante e farà certamente innamorare qualsiasi bambino di quegli sgargianti colori e di quei dialoghi così ben pensati, ma più importante riesce a insegnare con un pizzico di asprezza comportamenti insolenti e arroganti, che non è poco.

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