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Il diritto di contare

Regia di Theodore Melfi vedi scheda film

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La recensione su Il diritto di contare

di champagne1
7 stelle

VIVIAN: Mi dispiace, ma volevo dirle che io non ho nulla contro di voi. DOROTHY: Lo so. Lo so che lei crede che sia così...

Se l'Uomo è arrivato sulla Luna il merito è anche di tre donne speciali, eccelse nel campo chi del calcolo matematico, chi della programmazione dei primordiali computer IBM (allora si chiamavano più semplicemente calcolatori), chi della ingegneria, che hanno un solo "difetto": essendo donne e per di più nere, non hanno accesso ai posti che meriterebbero nell'ambito lavorativo.


Parliamo della NASA del 1961, un ente dove dovrebbe contare solo l'intelligenza creativa e deduttiva, ma parliamo anche della sua sede in Virginia, uno stato ancora segregazionista che non si fa dire come comportarsi né dal Governo Federale né dalla Corte Suprema.

Eppure queste tre donne, che accettano la loro condizione razziale come la normalità dell'ordinamento sociale, che ritengono accettabile la quotidiana "umiliazione" dell'aparthied (bagni per neri, biblioteche per neri, scuole per neri, caffettiere per neri, oltre che i famigerati posti riservati per neri giù in fondo nell'autobus) riescono a emergere nel competitivo mondo della scienza, peraltro in mano quasi esclusivamente a uomini WASP (white anglo-saxon protestant) e a determinare cambiamenti nella mentalità dell'epoca, contribuendo a ridurre (non credo siano mai stati annullati) il campo dei pregiudizi.

 

Concessioni ottenute sempre con piccoli passi: si può entrare alla riunione, ma restare in silenzio; si può frequentare la scuola dei bianchi, ma solo la sera, e così via... E che creano discussione e conflitti domestici, quando si discute che i diritti non possono essere elargizioni benefiche, ma principi universali da esigere (anche con la forza). Ma il '68 era ancora lungo da venire...

Una bella storia comunque, ben riproposta da Theodore Melfi, un regista che non ha molti lungometraggi alle spalle, ma che ricordiamo in St. Vincent, un'altra bella opera che riesce a parlare con intensità, mantenendo un tono piuttosto leggero.

E un bel ricordo che si veste anche di impegno civile e che potrebbe aiutare a riflettere l'America di oggi (e tutti noi) sulle vecchie e nuove forme di intolleranza verso i "diversi".

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