Regia di Quentin Tarantino vedi scheda film
"Ve lo dico io di cosa parla Like a virgin"... così si apre il film d'esordio di Quentin Tarantino. Un salto dentro una realtà parallela, una fusione fra gli anni '70 di K-Billy e gli anni '90 in cui il film è ambientato, seppur sia difficile stabilire con precisione il vero lasso temporale del film. Tutto incentrato su poche location e sul gruppo di "Cani da rapina" che sono i protagonisti del film, non ci sono sguardi esterni dentro a questo iperreale mondo gangster ma solo chiacchiere e l'attesa di un'inevitabile sconfitta. Con dei tocchi di regia e di montaggio che saltano agli occhi rendendo il tutto come una grossa avventura, ambientata fra un grosso capannone e le strade assolate di una città Americana, la fotografia chiara, "biancheggiante", rende al meglio ogni singola inquadratura di un film che è cinema puro. I flashback e il procedere della storia si incastrano perfettamente, e Tarantino smentisce tutti quelli che lo tacciano di iper-cazzoneria, mostrandoci lo strazio della morte e, quasi moralisticamente, portando a quest'ultima tutti i gangster del film... tranne chi ha il cinismo e l'accortezza di levarsi di mezzo al momento opportuno. Il film è anche un gioco metacinematografico fra la talpa e l'importanza di essere "dei grandi attori", di fingere fino a diventare quasi un vero gangster, e di raccontare storie come un vero duro, mostrateci da Tarantino in maniera stilizzata ed originale; proprio mentre Mr. Orange ci parla della sua fittizia avventura nei bagni di un ristorante dove incrocia dei poliziotti, mentre addosso è pieno di droga, Tarantino fa parlare anche i poliziotti di un'ulteriore storia dentro alla storia; è il regista che crea il film e che ha il potere di decidere dove fermarsi, perchè le chiacchiere potrebbero continuare all'infinito, e creare sempre più sottotesti nella trama, anche inutili perchè no, ma dannatamente azzeccati. Forse il mio preferito del folle Quentin, per niente acerbo come dicono alcuni.
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