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Il Cliente

Regia di Asghar Farhadi vedi scheda film

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La recensione su Il Cliente

di Kurtisonic
7 stelle

Taraneh Alidoosti

Il Cliente (2016): Taraneh Alidoosti

Se ricomponessimo per immagini la filmografia di Asghar Farhadi, l’ultimo suo lavoro The salesman potrebbe inserirsi tra Una separazione (andando a definire una trilogia insieme al folgorante About Elly) e quello che è a tutt’oggi il suo film più internazionale cioè Il passato. Tornato ad ambientare le sue storie comuni nella società d’appartenenza, l’Iran moderno diviso tra il rigido conservatorismo del passato e una più decisa spinta verso la modernità, il regista si dimostra ancora una volta attento a cogliere nei piccoli dettagli e in minuscoli scartamenti psicologici le grandi contraddizioni umane che si rivelano universalmente presenti in ogni comunità. Ispirato  dal dramma di Arthur Miller, Morte di un commesso viaggiatore, The salesman si svolge dentro una struttura a specchio, in cui i due protagonisti sono attori di una compagnia impegnata nella rappresentazione teatrale dell’opera, costretti a cambiare casa in poco tempo per un cedimento dell’edificio, ritrovandosi all’interno di un nuovo appartamento dove un  fatto violento avvenuto con modalità poco chiare minerà la stabilità delle relazioni. Lo spazio scenico si divide in tre parti , la vecchia casa di cui si vedrà qualche frammento tumultuoso all’inizio del film in cui metaforicamente la coppia abbandona  i retaggi culturali del passato, che però conferiva loro una certa solidità e tranquillità, poi il piccolo palcoscenico del teatro in cui si svolgono le prove  in cui la finzione recitativa si mescola con i problemi e le incombenze della quotidianità, e infine la desolazione del nuovo appartamento  con la rielaborazione  del loro rapporto. In una stanza della nuova casa vengono accatastati i mobili dell’inquilina precedente, s’intuisce che si tratti di una donna alquanto disinibita. Questo personaggio che non vedremo mai, svolge un ruolo chiave nel film, la sua assenza in realtà rimarca la nuova consistenza dell’elemento femminile ( come appunto nei film precedenti) che però non farà che acuire la tensione dei rapporti , sgretolando certezze e ponendo protagonisti e spettatori di fronte ad interrogativi sempre più indagatori. Indubbiamente si contorna quella che potremmo definire un’opera morale, nella quale ognuno è costretto a mettersi nei panni  altrui, anche in quelli più scomodi così da verificare quanto sia possibile perdere dalla propria formazione passata per misurarsi nella crescita e nell’evoluzione. Volendo individuare un punto debole del film, è proprio il rispetto della sua costruzione a delimitarne la passionalità, la forza intrinseca del dramma umano, traendone un risultato un poco più raffreddato rispetto ai lavori del regista. Non per questo manca un processo di identificazione tutto sommato abbastanza facile, nella potenziale classe media di Farhadi ci si ritrova immediatamente poiché sono riconoscibili quei caratteri relazionali e culturali che a dispetto di luoghi di provenienza distanti da noi riescono a porsi come centro della riflessione. L’autore dell’aggressione ai danni della protagonista diventa l’emblematico testimone del passaggio dalla società retrograda e maschilista a quella ammiccante del consumo e della libertà di costume, rivelando entrambe come inadeguate ad accompagnare un percorso graduale di crescita, di consapevolezza e di rispetto altrui. La visione di Farhadi tuttavia non si può manifestare come pessimista, sono gli sguardi, il dinamismo psicologico minimale dei personaggi,  le loro minuscole azioni a cui corrispondono reazioni devastanti a far intravedere una strada diversa  nei rapporti umani. A cosa deve in fondo rinunciare l’essere umano  per migliorarsi, sembra chiedere il regista, quanto il dilemma morale confligge con il cambiamento auspicabile se il prezzo da pagare è lo sradicamento e l’allontanamento da ciò che si è?  Interrogativi comuni agli autori più sensibili del momento, penso al cinese Jia Zhangke o al rumeno Mungiu, i cui protagonisti sono destinati a fare i conti con trasformazioni radicali che ridetermineranno la loro vita. Farhadi si conferma come autore dal notevole spessore morale, dallo stile rigoroso e portabandiera di quella nouvelle vague nazionale in grado di trattare tematiche importanti all’interno della sua società.

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