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Qualcuno volò sul nido del cuculo

Regia di Milos Forman vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Qualcuno volò sul nido del cuculo

di Kurtisonic
10 stelle

Sontuosa ed emozionante rappresentazione dei rapporti di potere all’interno della società. Milos Forman descrive l’inserimento di un detenuto Randy Mc Murphy  (Jack Nicholson) in una clinica psichiatrica dove si deve accertare se le sue manifestazioni di follia non siano una simulazione per evitare i lavori forzati del carcere. A contatto con un gruppo di pazienti Mc Murphy rivela la sua personalità piena di vitalità, di iniziativa, di concretezza e di passione, entrerà in contrasto con l’infermiera capo che gestisce il recupero dei malati, l’inflessibile miss Ratched (Louise Fletcher). Il film dapprima si sviluppa e si manifesta su come l’autorità concepisca e tratti al suo interno la diversità, di pensiero, di scelta, di comportamento, di appartenenza. Il regista usa quasi didascalicamente le varie tipologie dei pazienti afflitti da problematiche diffuse e alquanto comuni, per costituire quel corpo dell’uomo moderno  così  riconducibile a facili letture comportamentistiche  di oggi che riguardano lo stress, l’isolamento relazionale, la rottura dei legami affettivi e sociali. Lo spettatore è colpito dal trattamento psicologico al quale vengono sottoposte le persone, in  una condizione simile alla carcerazione, condotta con dedizione e fermezza dalla capo infermiera Ratched in colloqui di gruppo, la cui autorità viene messa in discussione dalle prese di posizione anarchiche di Mc Murphy, il cui comportamento non è omologabile a quello degli altri. La prima parte si svolge su canoni grotteschi che sconfinano nel tragicomico, i pazienti trascinati da Mc Murphy escono dal loro disagevole guscio esistenziale pronti però a rientrarvi  al primo comando autoritario. Quando a metà del film si rivela che i pazienti ( salvo Mc Murphy e pochi altri casi limite) non sono internati a forza ma seguono volontariamente le regole del programma di recupero e che potrebbero andarsene quando vogliono, si crea un effetto di ribaltamento assoluto, spiazzante e disorientante, che trasforma completamente la percezione dello spettatore su tutto ciò che aveva visto fino a quel punto. La realtà si inasprisce e la finzione non appare più tale. Limitandosi alla raffigurazione di Miss Ratched, essa incarna quella società evoluta, forte e in costante progresso che ha bisogno dei diversi, dei soggetti “deboli,” che necessita di materiale non da correggere, ma da esibire ideologicamente come un prodotto imperfetto della macchina sociale moderna, che può così esibire il suo  enorme  potenziale in un confronto sbilanciatissimo. Il sistema così crea e distrugge, benessere e malessere, all’occorrenza non traduce i suoi punti deboli in infelicità ma in diversità. Quando i responsabili della clinica e i rappresentanti della legge si riuniscono per esprimersi sulla fondatezza della vitale follia di Mc Murphy sarà la stessa Miss Ratched  a insistere sulla sua anormalità e per tenerlo sotto il suo controllo. Gli altri personaggi   sono ritratti complessi e variegati della stessa facciata tanto tragica quanto umana, caratterizzati da piccole manie, da ossessioni, da problematiche personali che nessuno ha il desiderio di risolvere e di trovarne spiegazione. La loro volontà di stare nella clinica è il tentativo disperato per sentirsi parte della comunità, anche se è quella debole, che però consente loro di assumere passivamente un profilo sociale definito e accettato, nonostante la spinta al gesto ribelle indotto da Mc Murphy, che alla fine si trasformerà in una vera e propria icona anti utopica. Il film è un grido tragico d’accusa verso la disumanizzazione, verso l’imbarbarimento, verso l’annichilimento interiore, verso il torpore e l’orrore dell’elettroshock del quotidiano. Forman costruisce magistralmente oltre che la performance di Nicholson che segnerà tutta la sua notevole carriera, anche un altro  personaggio indimenticabile, dalla carica nichilista e animale: il grande capo indiano, un paziente internato che finge di essere sordomuto finchè non si svelerà con una solidale amicizia con Mc Murphy.  Il regista  usa questo personaggio e la sua presenza scenica imponente regalandogli tutte le prerogative dell’essere umano in origine: fa parte di un gruppo emarginato e in lotta , destinato ad estinguersi, calato a forza nella società dominante non si fa intaccare dai suoi valori contorti, non parla la lingua della materialità, non ascolta l'inutile cicaleccio del sopravvivere, non ha nulla a cui aggrapparsi se non alla sua forza fisica e alla sua innata capacità di sentire con il cuore, specialmente. Egli è l’esageta di quello che Mc Murphy non può più essere e sarà l’unico a sperare in una possibilità di salvezza tramite la fuga. Il gran finale è tutto suo, e tutti vorremmo essere lì a correre insieme a lui.

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