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L'orrore degli uomini deformi

Regia di Teruo Ishii vedi scheda film

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La recensione su L'orrore degli uomini deformi

di Stefano L
6 stelle

Spiegare la trama di “Kyôfu kikei ningen” è estremamente complicato, in quanto non è possibile rendere plausibili le insensatezze oniriche dello scrittore giapponese Rampo Edogawa. L’inizio è ambientato in un centro di detenzione per pazienti affetti da turbe psichiche. Hirosuke Hitomi (Teruo Yoshida, conturbante) è un medico in preda ad un momento di amnesia (e lo spettatore, assieme a lui, è ugualmente disorientato). All’interno della cella del penitenziario sfugge miracolosamente ad un’aggressione; successivamente evade dalla prigione e incontra una misteriosa donzella che intona una cantilena infantile. L’uomo cerca di chiedere informazioni all’adolescente, ma quest’ultima viene colpita con una coltellata alla schiena. Accusato di omicidio Hitomi si rifugia nell’abitazione di un suo sosia appena defunto, Genzaburô Komoda. La famiglia crede che l'uomo sia il loro caro resuscitato e lo accoglie con ossequio nella villa. Genzaburou era inoltre l'erede di un inquietante chirurgo dall’aspetto mostruoso (già comparso nelle visioni chimeriche del protagonista), il quale vive da recluso in un’isola in prossimità della costa. Per risolvere alcuni arcani enigmi del posto bisogna raggiungere la torbida zona… In quel luogo affiorerà una realtà agghiacciante fatta di freak mutanti, storie di adulteri legati ai consanguinei e deliranti ricatti: come intuito stiamo parlando di un'opera oscura ed astrusa, ove l’irrazionalità e l’ermetismo travalicano il senso della ragione. Sfrondando ogni convenzionalità del linguaggio e della messa in scena il regista Teruo Ishii, confinandosi in un’ottica visionaria dalle connotazioni grottesche e dissimulanti, dipinge un quadro anomalo, in cui la torrida metafora della deformità si materializza in immagini ripugnanti, raffiguranti obbrobriosi esseri dall’aspetto bestiale e dall’indole selvaggia. E sebbene l’affresco cominci gradualmente a “chiarire” le pazzesche contingenze, il tentativo di trovare una coerenza narrativa nell’intreccio si stempera in un vortice irrefrenabile di tormentosi risvolti estemporanei e bizzarre danze Butoh (ballo macabro e perverso dai movimenti spasmodici e la cadenza imponderabile), performate dallo stesso artista che le ha inventate (Tatsumi Hijikata), in un ruolo non esattamente delucidante. Vista perciò l’astrattezza di uno sviluppo parecchio aleatorio, “Horrors of malformed Men” rimane un prodotto consigliato solo a chi è interessato ad un cinema lisergico più controverso, che affonda le radici nel teatro sperimentale di matrice asiatica.

 

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