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La La Land

Regia di Damien Chazelle vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su La La Land

di Theophilus
9 stelle

LA LA LAND

 

Che cos’è La La Land? Parlare di tutti i riferimenti, le citazioni e gli agganci formali disseminati in questo film, che sta riscuotendo un successo travolgente, porterebbe in troppe direzioni e comporterebbe la rivisitazione di una fetta importante della storia del cinema. Allontanerebbe, poi, dalla sua essenza, dalla possibilità di coglierne il senso che ognuno potrà trovare solo mettendolo in relazione con la propria sensibilità, la propria storia di vita.

Questo sintetico cappello introduttivo è probabilmente fuorviante, potendo indurre chi legge a immaginare percorsi del tutto estranei. Quello che intendiamo dire è che il film, alla fine e nonostante racchiuda in sé una molteplicità di aspetti, ha un carattere unitario, mantiene la propria interna coerenza narrativa e non si discosta mai dal suo cammino. Soprattutto, ha il grosso merito di non oltrepassare la sottilissima linea di confine tra la storia ad alti livelli emotivi e il polpettone strappalacrime.

All’origine del film vi è il mito del Musical e, certo, il pensiero può andare, preferibilmente, subitoa Les parapluies de Cherbourg piuttosto che a Singin’ in the rain, a Les demoiselles de Rochefort invece che a West Side Story o, con inevitabili automatismi, a Fred Astaire, Ginger Rogers, Gene Kelly o, ancora, a mille altri lungometraggi o personaggi che ognuno potrà ospitare nel proprio personalissimo pantheon.

Ma, riferirsi al Musical, vuol dire rifarsi al sogno di Hollywood, ad un’immagine che ancora non si era ben delineata nella sua interezza. Si trattava dell’evoluzione del mondo dello spettacolo che fondeva insieme il canto, il ballo, la recitazione, il teatro e il cinema a dare vita ad una forma che testimoniava in modo pregnante del sogno americano, si può dire che fosse esso stesso parte integrante di quel sogno.

La La Land è, invece, una favola per adulti che hanno perduto l’innocenza del sogno. Il Musical è solo un pretesto per acuire la nostalgia, per delineare la tristezza di una vita che non puoi vivere perché non l’hai vissuta. E non l’hai vissuta forse perché non hai avuto il coraggio di viverla o forse perché non potevi sapere come sarebbe stato il viverla, né che cosa avrebbe comportato il rinunciarvi. Ancora, perché – racconta il film – è impossibile inseguirla nei suoi più profondi recessi senza scontrarsi di continuo con la domanda a cui non si può dare una risposta: se sia bene quello che si sta facendo o se, invece, sarebbe più giusto seguire strade diverse.

La La Land affronta il tema della rinuncia – fedele compagna di vita dell’uomo – dell’impossibilità di dare un volto concreto all’impalpabilità del sogno, ancora il tema dell’amore che si scontra con un altro sogno e viene sacrificato, perché – a torto o a ragione – le due aspirazioni si ritengono inconciliabili, non realizzabili insieme.

Solo apparentemente si possono riscontrare lievi somiglianze con i temi espressi in Sliding doors, (Peter Howitt, USA, 1998). La casualità della vita – centro implicito dell’esperienza esistenziale – qui è solo sullo sfondo, a dare più ampio risalto alle scelte/non scelte di cui non sapremo mai valutare appieno le conseguenze.

Il film è il racconto della vita che non può mai realizzarsi in ogni suo aspetto, perché appena tendi da una parte, ti allontani dall’altra e devi dirigerti con coerenza verso una meta non potendo oscillare perennemente da un punto ad un altro, pena l’immobilismo totale.

La La Land è l’incontro, una metafora, fra il sogno americano perduto e il malinconico tentativo di un giovane regista, Damien Chazelle, di riafferrarlo prima di risvegliarsi. Sarà per il nome del cineasta, per la sia pur parziale e implicita ambientazione parigina o per i rimandi ai titoli che abbiamo citato all’inizio, ma ancora di più per l’atmosfera che permea il film, come che sia, chi scrive ha avvertito una sensibilità europea, francese nello specifico, e non americana.

Interessante anche il doppio uso che viene fatto del materiale musicale. Se la colonna sonora e le canzoni che costituiscono l’ossatura del musical inducono esplicitamente la delicata atmosfera nostalgica del film, la musica di per sé – nella forma del jazz – è uno degli oggetti espliciti di questa malinconica assenza. Vediamo, infatti, immagini e locandine di grandi musicisti di un passato che appare irrimediabilmente perduto. Presenze concrete all’interno dei locali dove si fa del jazz, rimandano, invece, ad altri musicisti venuti a mancare più recentemente, quasi a rimarcare l’utopia del protagonista maschile del film, Sebastian, impersonato da Ryan Gosling. Egli vorrebbe aprire un locale tutto suo, dove poter suonare una musica senza compromessi, ma per fare ciò dovrà piegarsi a concessioni commerciali che gli consentano di guadagnare il denaro necessario per attuare il suo sogno. Molto bella, infine, la presenza femminile di Emma Stone, che con i suoi grandi occhi aperti sul mondo sembra volerlo assorbire interamente e non li distoglie nemmeno davanti alla malinconica scena che conclude il film.

 

Enzo Vignoli

9 febbraio 2017 

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