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Jackie

Regia di Pablo Larrain vedi scheda film

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La recensione su Jackie

di AlbertoBellini
9 stelle

locandina

Jackie (2016): locandina

 

There will be blood. La regina attraversa i lunghi corridoi del suo castello di carte. Vaga in un mondo parallelo, mentre il tempo sembra essersi fermato. Icona di una moda unta di sangue. Il sangue del Re, del proprio marito assassinato, del proprio paese che si avvia alla rovina. 
Posso affermare, senza il bisogno alcuno di riflessione, che questa sia una delle immagini più belle, significative ed evocative del cimema contemporaneo, che ha trovato in Pablo Larraín una sorta di guida spirituale. Uno di quei cantastorie moderni, indispensabili per far si che il cinema, oggi, continui a narrare la verità e la realtà, proseguendo il suo corso.
C'è un motivo se il Clint Eastwood regista rappresenta, per il sottoscritto, la vetta insormontabile di un Cinema che è ormai scomparso definitivamente, e quest'ultimo altro non è che l'amore, la passione e il coraggio di raccontare ciò che si sta andando ad inscenare. Elementi che dovrebbero essere ovvi, ma oramai riscontrabili solo in una povera manciata di cineasti. Pablo Larraín, con la sua ultima meraviglia, rientra istantaneamente tra questi. Conclusa la scoperta di Pablo Neruda, Larraín lascia la propria terra natale e giunge negli USA, con l'obiettivo di analizzare quella che è stata, ed è ancora oggi, una figura tanto affascinante ed importante per il popolo americano e la loro storia, ma spesso messa in secondo piano. Jacqueline Kennedy, iconica first lady e moglie di quel JFK che oggi si tende a ricordare e memorare più per la sua improvvisa, tragica scomparsa che per i suoi servizi in qualità di trentacinquesimo presidente degli Stati Uniti d'America. Persiste il pensiero, l'immaginare cosa John Fitzgerald Kennedy avrebbe potuto ancora fare in politica, se solo non ci avesse lasciato così improvvisamente in quel buio 22 novembre del '63. Sognare un mondo, e un'America, forse diversi da quelli attuali.

Con una mano che va persino oltre alla maestria, Larraín si focalizza proprio sul periodo appena seguente alla dipartita di Kennedy, e dedica l'opera a colei che più gli era vicino nella vita quotidiana. Tutti vengono privati del proprio spazio in Jackie. Tutti sono sfocati, come lo era Robin Williams nell'Harry a Pezzi di Woody Allen. Persino JFK viene (quasi) sempre scartato dalla macchina da presa; di lui non si scorge che qualche dettaglio sparso, come una mano o un particolare dell'abito. Esiste solo Jackie, i suoi primi piani e la sua collezione di Chanel. L'unico a cui viene ritagliato un angolo significativo è padre Richard McSorley, ultima apparizione sullo schermo del grande John Hurt, al quale viene concesso il dialogo con Jackie più bello e ardito. Larraín innalza un ritratto intimista della donna che risiedette dietro la first lady e della first lady che risiedette dietro la donna; quando la persona reale e il personaggio mediatico si fondono, rendendo impossibile il riconoscimento di entrambi. Il regista cileno sembra ritrovarsi a casa, a proprio agio. Laddove egli si rivolgeva formalmente al poeta compaesano chiamandolo per cognome, qui si rivela subito confindente con la moglie del presidente, come con una compagna di gioco, utilizzando il nomignolo Jackie. Ma la Jacqueline Kennedy di Larraín, accompagnata per mano dalle musiche hitchcockiane di Mica Levi, non è accostabile ad una figura come quella del capitano Sullenberger di Eastwood. Questa non è la storia epica di un'eroina (per quella c'è attualmente in sala Trainspotting 2) ma la drammatica novella di una donna vera, reale, a faccia a faccia con la cruda realtà. Ella ha commesso errori, si è rivelata avventata e umana, come ognuno di noi. Un carattere magnifico, portato sul grande schermo dalla commovente Natalie Portman e la sua finezza unica (da ammirare assolutamente in lingua originale), che diede inizio alla propria carriera a soli tredici anni con Léon, e che ritroviamo qui in quella che è senz'altro la sua più grande interpretazione. Una prova attoriale da lasciare lo spettatore in lacrime. Quando la classe non è acqua.

Superati i centoventicinque anni, e ancora questo meraviglioso mistero che è il Cinema - quello con la C maiuscola - non cessa di stupire ed emozionare. Il Cinema che fuoriesce da ogni singola inquadratura - specie nel momento dell'assassinio, attimi di pura tensione ripresi dal regista con una carrellata magistrale. Il Cinema che riesce a far commuovere con un semplice primo piano, con la disperazione di una donna in lutto. Perché noi tutti abbiamo bisogno di credere che in quella casa abbiano vissuto, vivano, e vivranno in futuro persone vere, dotate di umanità, più che di capitale. Ma infine, il sangue è scorso e il paese è in rovina. Tanto vale dunque rinchiudersi nel proprio castello, vagando tra quegli arredi che con amore e personalità abbiamo rivoluzionato, ripensando a quando incontrammo l'uomo dei nostri sogni, e ballammo con lui in quel luogo magico che fu Camelot.

Jackie, Pablo Larraín. Per ora, insieme a La La Land, il film più bello di quest'anno e non solo.

 

Natalie Portman

Jackie (2016): Natalie Portman

John Hurt

Jackie (2016): John Hurt

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