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Atlantide, continente perduto

Regia di George Pal vedi scheda film

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La recensione su Atlantide, continente perduto

di giurista81
6 stelle

Non sarà un caposaldo del cinema fantastico degli anni '60, ma di certo è da annoverarsi tra i film da recuperare seppur penalizzato da un taglio che, visto con gli occhi odierni, appare senz'altro datato.
La pellicola affronta (frettolosamente) l'ultimo periodo del continente d'Atlantide e raffigura la civiltà in questione come un popolo fondato sulla schiavitù, ma anche sull'astrologia (i re si affidano ai consigli degli interpreti delle stelle) e soprattutto sulla scienza.
La primissima parte di film, però, non è ambientata ad Atlantide, bensì nell'antica Grecia. Due pescatori rinvengono, in pieno Egeo, su una sorta di zattera una giovane donna priva di sensi. È una sirena! Urla il più vecchio all'altro. Si scoprirà invece essere la principessa di Atlantide. La donna, dai modi decisamente antipatici e altolocati, convincerà il più giovane a oltrepassare le Colonne d'Ercole per riportarla nel suo regno. Tra i due scoppia anche un sentimento d'amore-odio, con esiti alla fine scontati.
Fin da subito la sceneggiatura scricchiola, dal momento che la presenza della principessa in solitaria su una zattera in territorio alieno (tale deve definirsi per gli atlantidei) è del tutto inverosimile, ma uno spettatore deve pure soprassedere se vuol godersi lo spettacolo. Così assistiamo a una primissima parte affascinante che raggiunge il suo culmine nell'incubo del giovane pescatore. Quest'ultimo, isolato in pieno oceano e avvolto da una fittissima nebbia, vede emergere dalle acque un enorme Nettuno che gli lancia contro il tridente. È un momento dallo spiccato sense of wonder molto bello, esaltato dalla fredda e cupa atmosfera, peraltro mi ricorda da vicino un passaggio del mio racconto Orrore, A Largo di Retirnia e questo non può che farmi un grande piacere.
La parte successiva è ambientata nel regno di Atlantide ed è meno interessante, specie nella parte centrale del film. Qui Pal non riesce a scandire un ritmo adeguato e il film cala leggermente di interesse. Vediamo il greco ridotto in schiavitù, tradito dalle promesse della principessa, e costretto a subire una serie di umiliazioni, mentre quest'ultima farà di tutto per convincere il padre a liberarlo.
L'opera riprende vigore con un paio di momenti interessanti. Il primo è la sequenza in cui si assiste agli esperimenti genetici degli indigeni che trasformano i loro schiavi in mostri antropomorfi metà uomo e metà animale. Qualcosa del genere sarà ripreso da Valerio Evangelisti nel suo romanzo Le Catene di Eymerich che, se la memoria non mi inganna, fa trasformare gli uomini grazie all'ingerimento di un'acqua particolare (proprio come avviene in questo film).
La seconda sequenza è quella della prova in un'arena tra il protagonista e un erculeo e quanto mai inespressivo gigante. Il combattimento, dapprima in mezzo al fuoco e poi nell'acqua, è finalizzato a divertire la platea di spettatori ma anche a garantire la manomissione dello schiavo in caso di sua vittoria. Credo che Pal e gli sceneggiatori avrebbero potuto rendere più spettacolare quest'ultima sequenza magari introducendo qualche belva feroce o qualche soluzione fantastica, ma così non è stato.
Segue, tra una battuta di ritmo e un'altra (si assiste ai preparativi del nuovo re di Atlantide orientati a conquistare l'Europa), il catastrofico finale (ben messo in scena) con Atlantide distrutta dalla lava di un vulcano e dal crescere delle acque che, a poco a poco, la trascinano giù nel cuore dell'oceano. Pal ruba alcune scene dal film Quo Vadis?, mentre più di vent'anni dopo Luigi Cozzi ne ruberà alcune a Pal per il suo secondo capitolo di Hercules. Della serie: chi di spada ferisce di spada...
In sintesi un film con qualche buon momento ed eccellenti scenografie (bellissimo l'interno del Pantheon dove gli atlantidei si rivolgono ai loro Dei) con uno stile architettonico simil greco (quindi templi sorretti da serie di colonne) ma con la presenza di elementi futuristici come sommergibili dalla forma di immenso pesce, bussole, cabine elettroniche di pilotaggio, raggi laser e cose del genere.
 Le interpretazioni non sono eccelse, anzi direi che Anthony Hall (il protagonista) è piuttosto mediocre, peggio di sicuro di Joyce Taylor.
Non male la fotografia e la regia, ottimi, per l'epoca, gli effetti speciali. Colonna sonora anonima.
Nel complesso sufficiente, ma con almeno tre sequenze notevoli (degna di nota, tra le altre, anche l'attraversamento degli schiavi aggrappati a una fune mossa da un verricello, con sotto uno strapiombo che si perde a vista d'occhio). Dunque Atlantide Continente Perduto è una mezza occasione sprecata, causa una sceneggiatura con poca verve nella parte centrale. Non manca però il sense of wonder, e questo non può che essere un complimento per un film sospeso tra fantastico e peplum. Voto: 6+

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