Regia di Paul Greengrass vedi scheda film
#PaulGreengrass e #MattDamon fingono di girare il quinto capitolo di un franchise che tutti davano ormai per concluso e se ne escono con un capolavoro assoluto, un finto blockbuster in cui in realtà si riscrivono le regole del moderno cinema action.
In un'operazione non dissimile da quanto fatto da George Miller su "Mad Max: Fury Road", in "Jason Bourne" vengono azzerati tutti gli elementi periferici all'azione.
Non ci sono più attori, qui sostituiti da puri corpi filmici per lo più inespressivi, condannati a rincorrersi e a farsi il culo in una coazione a ripetere visivamente perfetta che se, da un lato, rende manifesta la natura squisitamente industriale dell'intero progetto, dall'altra produce alcune delle scene di inseguimento più belle mai viste al cinema.
Sequenze inimmaginabili per geometrie e precisione chirurgica di un montaggio che è parte integrante del processo narrativo.
E non è affatto un caso, in tal senso, che il montatore Christopher Rouse sia accreditato anche come coautore - insieme a Greengrass - della sceneggiatura.
Una sceneggiatura che, di fatto, non c'è o, se c'è, sostituisce ai dialoghi gli stacchi di regia e i suoi arditi movimenti di macchina.
Lontano anni luce dal pur ottimo "Mission: Impossible - Rogue Nation", "Jason Bourne" potrà anche scontentare chi si ostina a cercare l'anima ovunque, ma è una riuscitissima sintesi di mainstream e cinema sperimentale.
Un capolavoro cubista che forse capiremo appieno solo tra un po' e il cui vero protagonista non è affatto Matt Damon come indicato sulla locandina, bensì il suo regista: Paul Greengrass.
Che il futuro profetizzato una quindicina d'anni fa da Andrew Niccol nel suo "S1mOne" stia alla fine per avverarsi?
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