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Arrival

Regia di Denis Villeneuve vedi scheda film

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La recensione su Arrival

di AlbertoBellini
4 stelle

locandina

Arrival (2016): locandina

 

Sono arrivati... cosa vogliono da noi? Come sono giunti sul nostro pianeta? Ma sopratutto... perché se ne stanno all'interno di enormi cozze? Scherzi a parte - c'è gran poco di cui scherzare - l'ultimo lavoro di Denis Villenuve mi ha lasciato basito, e non in senso positivo.
Mettiamo da parte il musical e passiamo alla fantascienza, genere che - al contrario del primo citato - non apprezzo particolarmente. Per giunta, negli ultimi tempi la fantascienza cinematografica s'è inculcata in un filone, dal mio canto, molto discutibile, del quale il Gravity di Cuarón e (sopratutto) l'Interstellar di Nolan ne sono gli artefici. Per quanto queste opere siano magnificamente realizzate dal punto di vista tecnico, perfette nella forma, sotto sotto nascondono delle enormi, ingiustificabili falle. Veri e propri buchi, non tanto nella sceneggiatura quanto più nella sostanza, in ciò che 'alla fine della fiera' suddetti prodotti vorrebbero dire e/o trasmettere. Tutto ciò potrà anche non essere vero e rappresentare dunque un mio grosso limite, ma è già da un po' di tempo che mi gironzola nella mente il pensiero che tutti questi grandi cineasti (anche quest'ultima affermazione è più che discutibile), una volta posate le mani su progetti come questo, siano poi mossi più dal proprio ego che dalla passione e la voglia di raccontare qualcosa. Perché è questo che si percepisce guardando Arrival. Cinema, sì, ma adulterato e falso.
È trascorso poco più di un anno da quando elogiai Sicario, penultimo lavoro di Denis Villeneuve, ove l'infinita guerra contro il cartello messicano veniva paragonata ad una bestiale, primitiva caccia tra lupi e lupi. Grandioso film, che si chiudeva con quell'altrettanto grandiosa ma drammatica immagine di un gruppo di bambini, la cui spensieratezza veniva interrotta da una serie di spari. Sicario (e insieme a quest'ultimo i bellissimi Prisoners e Enemy) non ha nulla a che vedere con ciò che di fatto è l'Interstellar (mi risulta impossibile evitare continui rimandi a questo film) di Villeneuve, Arrival, i cui problemi sono per lo più riconducibili alla scrittura. Per quanto mi concerne, Arrival si presenta con una sceneggiatura ridicola ed infantile, candidata inspiegabilmente agli imminenti Oscars (8 le candidature totali), modificata con l'"inaspettata" uscita della pluricitata pellicola sci-fi di Christopher Nolan - ma guarda un po', aggiungerei. In parole povere... sulla superficie terrestre appaiono dodici misteriose astronavi-cozze. In quanto nessuno sa dare una spiegazione a questa 'visita', viene contattata Louise Banks, madre inconsolabile di una figlia morta prematuramente e linguista di fama mondiale. L'obiettivo è comunicare con chiunque risieda all'interno delle astronavi-cozze. Al di là che già l'incipit di per sé tende a zoppicare, devo comunque ammettere di aver gradito (con riserve) una prima parte nella quale la protagonista - interpretata da Amy Adams - si approccia alla comunicazione con gli esseri extraterrestri, dando vita a delle vere e proprie conversazioni attraverso una serie di simboli circolari semasiografici. Peccato che nel secondo tempo il tutto cominci a traboccare, sino ad un finale completamente sbagliato, oltremodo stucchevole e buonista, sinonimo di assenza di idee e spreco del proprio talento. Certo, non è tutto da buttare: le musiche - e qui non mi permetto di discutere - sono immense, come già lo erano in precedenza con Villeneuve. Il regista canadese riesce comunque a regalare attimi di tensione e diverse immagini evocative - in particolare, quella con protagonista uno degli 'alieni', evidente auto citazione a Enemy, dove invece il soggetto era un gigantesco ragno. Tecnicamente, Villeneuve non è uno sprovveduto qualsiasi. Ma la sola forma, ribadisco, non può salvare una sostanza pressoché assente... a meno che non si è Nicolas Winding Refn, ma questo non è il caso. È palese ciò che Villeneuve voleva fare: raccontare ed inscenare il linguaggio, l'importanza del linguaggio, l'importanza della comunicazione in un mondo ove nessuno comunica più realmente. Non ci è riuscito. Pubblico e critica gliene potrà senz'altro dare atto, ma io non vedo niente di più che un regista momentaneamente perso, convinto di poter salvare il mondo in compagnia dei suoi alieni aracnidi, inzuppando lo script in una storia d'amore "strappalacrime" esilerante e fuori luogo, nonché riduttiva per un regista che mi ha positivamente colpito in passato, ma che qui ha commesso un grosso passo falso.

Non perdiamo però la speranza. Chiudiamo un occhio e non pensiamoci più. Offriamo un'altra possibilità a Denis Villeneuve, del quale attendiamo con molte aspettative (e fiducia) il sequel di Blade Runner, uno dei capostipiti della fantascienza cinematografica, oltreché il mio preferito in assoluto del genere a cui appartiene.

Staremo a vedere se ci troviamo dinanzi ad un grande cineasta o all'ennesimo ciarlatano.

 

Amy Adams

Arrival (2016): Amy Adams

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