La recensione su Arrival

Non è una sensazione nuova per me ed avendola già provata, sono consapevole di avvertire un disagio che all'inizio sembra invalicabile per i miei mezzi. Insomma diciamo che percepisco di trovarmi a manovrare materiale filmico forse piu' grande di me e -dunque- di non sentirmi all'altezza di commentare un film talmente imponente nello stile e nel messaggio da, come minimo, intimorirmi. Tanto per farmi capire, voglio iniziare col citare la filmografia che i critici nelle varie recensioni (praticamente tutte positive) hanno inteso evocare. Semplicemente pietre miliari della fantascienza ma anche del Cinema nel suo senso piu' vasto e completo. Si parte dal superclassico del 1951 "Ultimatum alla terra" di Robert Wise, poi il celeberrimo "Incontri Ravvicinati" di Spielberg, e ancoral'epico "Odissea nello Spazio" del Maestro Kubrick, fino al recente "Interstellar" di Christopher Nolan. Ecco, per quest'utimo era ricorrente una definizione che pare ideale per l'opera di cui stiamo parlando: "Fantascienza Umanistica" Perfetto, direi. Ah dimenticavo, in questo mio elenco di capolavori associabili, segnalo l'evidente deriva "Malickiana" che emerge in certe sublimi sequenze riflessive. E aggiungerei una chiosa personale. Amo tanto questo genere di "umanesino sci-fi" quanto detesto un altro tipo di fantafilm tra il furbastro e il fighetto come il recentissimo "The passengers" pellicola inutile e che non possiede un solo grammo della sincera emozione di "Arrival". Il film mi ha emozionato a diversi livelli e in molteplici sequenze. Ovviamente è impossibile non intenerirsi nel vedere la Adams alle prese con la piccola figlia, così come la sua emozione diventa anche la nostra quando la vediamo devastata dai tentativi di comunicare con gli alieni. Tema centrale è il dilemma se una civiltà sia basata piu' sul Linguaggio o sulla Scienza, ma qui preferisco interrompere sul nascere ogni mia argomentazione che (come dicevo all'inizio) non mi sento all'altezza di una disquisizione così "alta" e finirei col dire per lo piu' corbellerie. Diversamente da quanto sono in grado -magistralmente- di fare l'ottimo regista Denis Villeneuve insieme a Ted Chiang che è l'autore del racconto da cui è stato adattato il film. La pellicola è di una profondità disarmante, ti entra dentro e ti conquista con quel ritmo lento, poi ti avvolge fino alla fine, consegnandoti un pathos a tratti difficile da sostenere. E anche i momenti teneri tra i due protagonisti sono sempre lievi a mai hanno il sapore del "siparietto" nella loro sobria dignità. E poi tutto il clima che si respira nel campo bae è creato con grande misura e rigore, tra disciplina militare e tentativi di trasgredire alle convenzioni da parte dei due protagonisti. E infine va rimarcato quanto i momenti-flashback della Adams con la bambina siano calibrati e dosati con intelligenza, evitando i ricatti sentimentali. Il cast è all'altezza, prestigioso. Una Amy Adams assolutamente da oscar, semplicemente favolosa, interprete sensibilissima e preziosa. Jeremy Renner calato pefettamente nel ruolo. Forest Whitaker con quell'aspetto e con quella faccia non può che ripetere sempre l'eterno ruolo del "burbero" (lo dico con simpatia ed anyway lui qui è bravissimo). E infine un eccezionale Michael Sthulbarg che ricordo con piacere come mattatore in uno dei migliori film dei Coen ("A serious man").
Capolavoro. Lento, impegnativo e riflessivo. Ma capolavoro.
PS: per la serie "la noterella curiosa". Nel film i due "esploratori protagonisti" di fronte alla necessità di assegnare ai due alieni un nomignolo ciascuno, scelgono "Tom & Jerry". Ma è singolare notare che nella versione originale i nomi attribuiti sono quelli di "Abbott & Costello" (Gianni & Pinotto) che, quasi sconosciuti da noi, in America sono tipo degli eroi nazionali.