Regia di Luc Besson vedi scheda film
Come per John Carter c’è la difficoltà di trasporre sul grande schermo un’opera seminale che nel corso degli anni ha offerto spunti ed idee a gran parte delle produzioni fantascientifiche più famose e che, proprio per questo, oggi può paradossalmente risultare banale e poco originale in quanto spolpata da anni di rivisitazioni e citazioni più o meno velate disseminate in altre saghe sci-fi. A rendere speciale questo racconto di viaggi interdimensionali, di consigli spaziali e di bazar affollati dalle creature più disparate c’è sicuramente la sensibilità del tutto personale di Luc Besson.
Proprio in questo senso sorprendono i due agenti Valerian (Dane DeHaan) e Laureline (Cara Delevingne): ragazzini che godono della propria giovinezza, divertendosi come in un gigantesco parco giochi a prendere in giro gli alieni e a sbuffare alle spalle dei loro superiori. C’è tutta la poetica romantica del cineasta francese nel rapporto tra questi due innamorati che, in attesa di sposarsi, litigano, si punzecchiano e si abbracciano.
Allo stesso tempo a rendere Valerian e la città dei mille pianeti così diverso dalle produzioni americane è quella concezione europea per cui si è disposti a sacrificare il rigore della narrazione in nome di un certo grado di libertà. Non c’è un singolo blockbuster americano a mancare di quella componente matematica che vuole ogni tassello al proprio posto (rigorosa è persino la commedia apparentemente anarchica di James Gunn) e che mai lascerebbe spazio a digressioni marcate come quelle di Besson.
La chiarezza che c’è nella mente del regista nel decidere cosa raccontare e come farlo non emerge però da una sceneggiatura invece poco equilibrata e dalla risoluzione sbrigativa. Ad una verbosa e didascalica spiegazione conclusiva è affidato il compito di narrare il genocidio del popolo di Mül (che è appunto la parte di trama che sta più a cuore allo stesso regista). Ma al termine della giostra il racconto è così pregno ed esondante che è davvero impossibile, durante questo viaggio in uno spazio mai così vitale, non innamorarsi anche solo di un personaggio, di una creatura o di una ambientazione.
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