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Valerian e la città dei Mille Pianeti

Regia di Luc Besson vedi scheda film

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La recensione su Valerian e la città dei Mille Pianeti

di Zagarosh
7 stelle

Come per John Carter c’è la difficoltà di trasporre sul grande schermo un’opera seminale che nel corso degli anni ha offerto spunti ed idee a gran parte delle produzioni fantascientifiche più famose e che, proprio per questo, oggi può paradossalmente risultare banale e poco originale in quanto spolpata da anni di rivisitazioni e citazioni più o meno velate disseminate in altre saghe sci-fi. A rendere speciale questo racconto di viaggi interdimensionali, di consigli spaziali e di bazar affollati dalle creature più disparate c’è sicuramente la sensibilità del tutto personale di Luc Besson.

 

Proprio in questo senso sorprendono i due agenti Valerian (Dane DeHaan) e Laureline (Cara Delevingne): ragazzini che godono della propria giovinezza, divertendosi come in un gigantesco parco giochi a prendere in giro gli alieni e a sbuffare alle spalle dei loro superiori. C’è tutta la poetica romantica del cineasta francese nel rapporto tra questi due innamorati che, in attesa di sposarsi, litigano, si punzecchiano e si abbracciano.

 

Allo stesso tempo a rendere Valerian e la città dei mille pianeti così diverso dalle produzioni americane è quella concezione europea per cui si è disposti a sacrificare il rigore della narrazione in nome di un certo grado di libertà. Non c’è un singolo blockbuster americano a mancare di quella componente matematica che vuole ogni tassello al proprio posto (rigorosa è persino la commedia apparentemente anarchica di James Gunn) e che mai lascerebbe spazio a digressioni marcate come quelle di Besson.

 

La chiarezza che c’è nella mente del regista nel decidere cosa raccontare e come farlo non emerge però da una sceneggiatura invece poco equilibrata e dalla risoluzione sbrigativa. Ad una verbosa e didascalica spiegazione conclusiva è affidato il compito di narrare il genocidio del popolo di Mül (che è appunto la parte di trama che sta più a cuore allo stesso regista). Ma al termine della giostra il racconto è così pregno ed esondante che è davvero impossibile, durante questo viaggio in uno spazio mai così vitale, non innamorarsi anche solo di un personaggio, di una creatura o di una ambientazione.

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