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La battaglia di Hacksaw Ridge

Regia di Mel Gibson vedi scheda film

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La recensione su La battaglia di Hacksaw Ridge

di champagne1
7 stelle

Mel Gibson apre la sua opera con 10-15 minuti di scene di battaglia iper-realistici, con carne bruciata, teste e gambe mozzate, urla e corpi martoriati: una sorta di mix fra le prime sequenze di Salvate il soldato Ryan, ma nello stile di Apocalypto.

 

In questo contesto si colloca la storia di Desmond Doss, uno di quei giovani che dopo Pearl Harbour, ritiene sia suo dovere partecipare allo sforzo nazionale, ma senza usare armi.

 

Potrebbe sembrare un film contro la carneficina della guerra, ma non è così.

Non si possono mettere in discussione i principi-base (Dio, Patria e Famiglia), per cui la guerra è sentita come necessaria.

Infatti, anche nella ricostruzione dell'addestramento militare di Doss, sono tante le analogie con Full Metal Jacket, ma assolutamente senza quello spirito critico, tutti quei dubbi sul suo significato che Kubrick aveva saputo disseminare.

 

No qui il fulcro del film sta tutto nel disegnare la parabola storica del ragazzo: con la sua storia familiare e personale, unita alla grande fede religiosa, per cui diventa un uomo dalle convinzioni incorruttibili che non contesta l'atto della guerra in sé, ma il modo di combatterla: piuttosto che le armi, meglio fornire supporto logistico medico alle truppe impiegate in prima linea.

 

Per quanto possa sembrare didascalico e iconografico, eppure il ritratto di Desmond è quello di una persona vera, le cui gesta sono documentate da testimonianze: anche quando vaga senza sosta sul campo di battaglia sperando di trovare un altro ferito da curare, ancora uno, e di sottrarlo alla morte, in una sorte di estasi salvifica in cui finiscono anche quelli con una divisa diversa.

 

E alla fine ho capito: Gibson ha voluto fare un film sulla pietà, una pietà che vuole provare a spargere non solo sul campo di battaglia, ma anche nei confronti della controversa figura del padre di Desmond.

E ha voluto fare un film sul diritto di esprimere le proprie convinzioni, pur nelle difficoltà e nel rischio di non essere compresi, ma con la ostinazione di chi sente di avere tutte le ragioni dalla sua parte.

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