Regia di Jeff Nichols vedi scheda film
Un gerundio, magari sostantivato, un participio presente. Scherzo del destino, un cognome. Quello (naturale) di Richard e (acquisito) di Mildred. I Loving. Costretti dalla loro Virginia a un mini esodo lungo mezza vita per il matrimonio celebrato con fuga, toccata e rifuga, nottetempo, nel confinante (non) stato di Washington d.c. Un matrimonio interrazziale vietato dalla legge virginiana di fine anni '50, una legge amministrata da giudici che nei verbali processuali inserivano frasi tipo "Dio non ha certo messo gialli, bianchi e neri in continenti diversi perchè si mischiassero le razze". La storia è tutta qui, pedissequamente fedele ai fatti reali, mancante degli ingredienti tipici che per epoca, luogo e soggetto ci si aspetterebbe di trovare (cappucci bianchi, croci infuocate, scorribande punitive notturne, etc) che il racconto l'avrebbero (forse) scosso un po' ma (sicuramente) falsato. Limitarsi alla vicenda nuda e cruda, senza mai tentare d'impennare la piattezza esistenziale della coppia - due antieroi, protagonisti di un evento loro malgrado, lui muratore tutto lavoro, famiglia e qualche birra, lei moglie, madre e poco altro - è la coraggiosa opzione di Jeff Nichols, che prima scrive, secco e nitido, e poi dirige con mano coerentemente ferma. La solidità registica del trentottenne cineasta dell'Arkansas, già apprezzata soprattutto nel mozzafiato "Take Shelter" (2011) è bene raro. Jeff resiste al trend del piano sequenza (vero, falso, esasperato), non piazza la mdp nella schiena dei suoi attori, non lancia girotondi da mal di mare; nonno Griffith docet, col rigore di un russo degli anni '30, come babbo Kubrick avrebbe approvato, si fa invisibile e lascia che sia il raccordo tra le inquadrature a fluidificare la narrazione. Joel Edgerton e Ruth Negga, lui australiano, lei etiope, fanno i Loving e con apparente, irrisoria facilità si calano in panni e soprattutto accenti (orrore pensando allo scempio che compirà il doppiaggio!). Piccola ma gradevole parte per Michael Shannon, la costante in tutti i cinque film di Nichols: qui in poco più che un cameo, ma, come sempre, quando compare si prende il film in braccio.
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