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Animali fantastici e dove trovarli

Regia di David Yates vedi scheda film

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La recensione su Animali fantastici e dove trovarli

di Byrne
7 stelle

A dieci anni Gli Animali Fantastici: Dove Trovarli era uno dei miei libri preferiti. Leggerissimo, bella copertina rosso-ceralacca, bestiario in forma di testo scolastico “Di proprietà di Harry Potter (ma anche di Ron Weasley perché il suo è caduto a pezzi)” come recita una delle tante note a mano del celebre proprietario e del suo migliore amico. Schede pseudoscientifiche fra il buffo e il pauroso (chi riconosce la parola “Lethifold” sa a cosa mi riferisco), intervallate da partite a tris e impiccato, slogan di squadre di Quidditch e continui bisticci in cui si riconoscono chiaramente le voci dei tre personaggi finora più famosi del terzo millennio (“Scrivi sul tuo di libro, Hermione!”). A dieci anni, parola, mi sembrava strano che le piccole illustrazioni a china non si muovessero.

 

Dite quello che vi pare, per me J. K. Rowling si è venduta l'anima al Diavolo per quel talento di intrattenitrice. Ho sentito spesso di adulti che leggevano i libri di Harry Potter più volentieri dei loro figli. Sarà. Da bambino mi mesmerizzava. Sapevo battuta per battuta. E al cinema? Da una parte un universo parallelo così enorme – quasi tolkieniano – e insieme incredibilmente ben armonizzato al nostro mondo, dev'essere sembrato una benedizione ai produttori; dall'altra ogni regista che ha messo mano alla saga si è imbarcato in una vera e propria impresa, quella di tradurre in immagini un fantasy gigantesco e agilissimo, un assurdo, un calabrone che vola in barba alle leggi della fisica. Molto meglio l'avvio, dal tocco ingannevolmente infantile della vecchia volpe Chris Columbus al picco de Il Prigioniero di Azkaban (che rischia seriamente di essere il miglior film di Cuaròn). Poi la strombazzata svolta “dark” e film più ingessati e musoni, malgrado le pretese – e una buona fattura comunque garantita – in alcun modo più “adulti”. Proprio David Yates, protagonista di questa seconda fase, è oggi il regista di Fantastic Beasts and where to find them su sceneggiatura della stessa Rowling. Vai tu a pensare che da una sceneggiatrice alla prima prova e da un regista solido ma troppo spesso impersonale (anche se le avvisaglie c'erano: il duello finale de L'Ordine della Fenice e la prima parte del settimo capitolo) possa venir fuori questo.

 

1926. Mentre il mago oscuro Gellert Grindelwald semina il panico sulle due sponde dell'Atlantico, il naturalista britannico Newt Artemis Fido Scamander (Eddie Redmayne) sbarca a New York con una valigetta piena zeppa di creature magiche. La scambia per errore con quella identica di un goffo pasticcere babbano (Dan Fogler), si mette nei guai con il rigido Ministero della Magia statunitense, e di qui inizia una corsa contro il tempo per recuperare tutti gli animali prima che accada l'irreparabile; intanto, dopo la violenta e inspiegabile morte di un senatore candidato alla presidenza degli Stati Uniti, un ambizioso dipendente del ministero (Colin Farrell) si mette sulle tracce del giovane mago o strega che ritiene abbia scatenato la forza oscura che lo ha ucciso.

 

Per cominciare fughiamo ogni dubbio su un punto: il film è divertente. Non era scontato, specie visti i precedenti di Yates. Chiariamo meglio: il film è molto divertente. La Rowling – prudentemente – si trattiene a livello di intreccio (che è semplicissimo: due storie lineari, “classiche” e slegate che si incontrano spesso ma si fondono davvero solo verso il finale) per scatenarsi nelle caratterizzazioni, sia per quanto riguarda il mondo magico e le sue creature che per i personaggi, con un quartetto centrale d'assalto praticamente perfetto e più di una figura di contorno ben delineata; il regista le sta al pari con ritmo travolgente, dirige gli attori da maestro e soprattutta sfida la scrittrice sul suo stesso terreno, quello del meraviglioso: lei ci mette snasi cleptomani, legilimens e obscuriali; lui puro cinema: costumi sontuosi, bei colori dagherrotipo-acquerello, una delle migliori ricostruzioni degli anni '20 mai viste. E interni, tanti interni, con un 3D per una volta imprescindibile che quasi snobba gli effetti speciali e si tuffa invece nelle stanze, nei bugigattoli, nei saloni del Ministero e nei meandri della valigia di Newt per esaltare spropositatamente la profondità di campo.

Storia di un Signore Oscuro e di un campione prescelto, di un drago e di un San Giorgio, di una battaglia fra Bene e Male nella tradizione dei Lewis e dei Tolkien, Harry Potter aveva nell'ironia, nella gioia del racconto e in una certa ambiguità di fondo le sue armi contro un manicheismo così rigido. Fantastic Beasts eredita per ovvie ragioni quelle qualità, ma le mette a frutto in maniera radicalmente diversa. Chiuso nel “qui ed ora” storico della New York intollerante e proibizionista degli anni '20, l'ombra della Depressione già dietro l'angolo, diventa un quadro dolceamaro di presa di coscienza, metafora limpidissima delle forze irrazionali dell'Amore, del Sogno, dell'Autentico, e della potenza negativa che possono scatenare quando represse; così si apparenta a film di argomento analogo come Hugo Cabret(impressiona la somiglianza fra tanti ambienti del film di Yates e la stazione dorata e ticchettante di quello di Scorsese) che sul sentiero magico del Cinema si vedeva sbarrare il passo dalla Guerra, impressa nelle giunture cigolanti del guardiano-reduce di Sacha Baron Cohen (qui Grindelwald – inquadrato fugacemente all'inizio – ha i capelli biondi e il taglio della Hitler-Jugend).

 

Tranquillamente autoconclusivo (anche se apre un nuovo ciclo di ben cinque film) e in apparenza molto più “piccolo” e umile degli Harry Potter, Fantastic Beasts non va preso sottogamba. Come la valigia di Newt nasconde meraviglie sotto un'apparenza ordinaria da operazione acchiappasoldi. E noi, come l'incredulo pasticcere, siamo vittime nostro malgrado di uno scambio fruttuoso. Qualche pecca c'è: un po' di confusione con gli effetti speciali in certe scene ambientate nella capientissima valigetta; un paio di pre-finali di troppo; un ignobile character-twist. Ma complessivamente siamo di fronte a uno dei migliori blockbuster degli ultimi anni. Misterioso, malinconico, cupo, esilarante, romantico. Perfino sexy. Siamo contenti, Vincent.

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