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Personal Shopper

Regia di Olivier Assayas vedi scheda film

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La recensione su Personal Shopper

di leporello
7 stelle

   Controverso, immagino. Non so se la Palma d’Oro alla regia ottenuta all’ultimo Festival di Cannes possa, da sola, redimere la questione, ma ne dubito assai... Personalmente, conoscendo poco o nulla il regista Assayas, non posso esprimermi compiutamente. Fatto sta che il film in questione mi è molto piaciuto, a partire da quella Kristen Stewart che non conosco troppo meglio di Assayas (aborrendo ogni Tuàilàit del mondo, mi è capitata di vederla di striscio solo in un paio di occasioni, una terribile tra le mani di Sean Penn in “Into the Wild” e una egregia sotto la direzione di Kelly Reitchard in “Certain Women”, dove peraltro interpretò la “Woman” meno interessante e riuscita della galleria), e che, con la sua recitazione schizzo/scattosa tutti balbettii ad occhi bassi,  offre un’interpretazione egregia di un personaggio molto meno facile di quel che sembra.

 

    Ecco, sembrare: “sembrare” è forse la parola chiave per poter apprezzare questo film, perché non sono soltanto i fantasmi a “sembrare”, men che meno l’idea (volutamente?) ingannevole che si tratti di un film horror (o mistery, o fantasy, come vogliamo dire??), ma sembianti lo sono anche, per esempio, la stessa “professione” che da il titolo al film (meno male che nessuno ha voluto tradurla in italiano...), lo è l’ambigua e sfuggente Kyra (madame del capita-buonista), lo sono gli amici di Maureen che con estrema nonchalance decidono del loro futuro sulla base di intuizioni spiritistiche tranquillamente campate in aria, lo sono tutti i messaggi che arrivano al telefonino di Maureen, e lo è prima di tutti Maureen stessa, sdoppiata dal suo defunto gemello, che mai si manifesterà realmente per quel che è (o potrebbe essere) fino all’ultimo fotogramma.

 

    Ben difficile incasellare questo “Personal Shopper” in un filone specifico, e questo è, normalmente, elemento di merito:  certe  fluidità ectoplasmatiche si incrocino con le indagini di una polizia, o certi SMS non si capisca se provengano dal mondo dei vivi o da quello dei morti (“Sei uomo o donna?” –chiede Maureen al suo sconosciuto interlocutore via smartphone; “Che differenza fa?” è l’unica risposta ragionevole che ottiene), sono la cifra migliore dell’ambiguità che rende ben interessante questo film.

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