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Endorphine

Regia di André Turpin vedi scheda film

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La recensione su Endorphine

di pazuzu
7 stelle

Stimolante e al contempo tortuoso, Endorphine segue un percorso fatto di ritorni ciclici e personaggi multipli, lungo il quale la realtà e l'immaginazione corrono di pari passo fino a divenire quasi indistinguibili.

 

E se il presente, il passato e il futuro esistessero simultaneamente? Questo è il quesito che Endorphine inizia a suggerire sin dalle prime scene, per bocca della sua protagonista, in una della sue tre incarnazioni che all'interno dello stesso si sovrappongono: o meglio, l'incarnazione è sempre la stessa, ma sullo schermo appare sviluppata in tre direzioni parallele - tre momenti diversi della sua esistenza - tutte incastrate in un medesimo piano temporale dai contorni cangianti.

 

 

A 13 anni, Simone De Koninck è una ragazzina che, sconvolta dopo aver assistito inerme al brutale assassinio della madre, cerca, con l'ipnosi o provocandosi l'asfissia, di tornare allo stato di incoscienza dovuto allo svenimento che era seguito al trauma, per riviverlo e trovarsi faccia a faccia con il proprio senso di colpa, ma anche per cercare nuove emozioni; a 25 anni studia matematica, lavora come sorvegliante nel parcheggio dello stesso palazzo dove la madre lavorava e fu uccisa, e vive in totale solitudine ancora tormentata da quell'evento, postando inquietanti selfie su Instagram, rifuggendo il contatto col prossimo e sviluppando un'ossessione per la propria vicina di casa; a 60 anni sembra aver fatto pace con sé stessa, è un'affermata docente universitaria, e nelle sue lezioni di fisica quantistica si sofferma sulla relatività del concetto di tempo, sottolineando come esso sia definito dall'essere umano in base alle capacità che ha di percepirlo, e quindi soggetto a subire deformazioni ad opera dei sensi.

 

 

Noto principalmente come direttore della fotografia (Incendies di Denis Villeneuve, Mommy di Xavier Dolan), il canadese André Turpin giunge alla seconda prova da regista di lungometraggi con un'opera sospesa ed ermetica, che innesta un'atmosfera onirica e oscura di ispirazione lynchiana su tematiche care al Christopher Nolan di Inception e allo Shane Carruth di Primer. In quello che potrebbe definirsi tanto un thriller della psiche quanto un obliquo racconto di formazione, l'attenzione non si concentra mai sul crimine che è alla base di tutto, bensì sugli effetti che esso genera sulla personalità di Simone: Turpin ne intreccia sullo schermo tre distinte fasi della vita, le alterna e talvolta le porta a sfiorarsi, gestendo il meccanismo in maniera fluida e non banale, stando ben attento a seminare dettagli che stimolino il ragionamento logico per poi portarlo a fallire, ammantando il tutto in un alone di mistero ed astrazione e donandogli il respiro affannato di un lungo sogno con risvolti da incubo. Stimolante e al contempo tortuoso, Endorphine segue un percorso fatto di ritorni ciclici e personaggi multipli, lungo il quale la realtà e l'immaginazione corrono di pari passo fino a divenire quasi indistinguibili.

 

 

Egregiamente supportato dal montaggio costruttivo di Sophie Leblond, dal commento sonoro sempre calzante e alla bisogna avvolgente di François Lafontaine, e dalla bella prova delle tre attrici che incarnano le tre età di Simone (in ordine crescente: Sophie Nélisse, Mylène MacKay e Lise Roy), Endorphine è non solo un puzzle fieramente insolubile ed un esercizio di stile decisamente riuscito, ma anche un film cupo e cerebrale che ha l'ardire d'interrogarsi sulla natura del tempo e, di conseguenza, proporre una propria riflessione sulla sua traduzione nel linguaggio cinematografico.

 

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