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L'uomo che vide l'infinito

Regia di Matt Brown vedi scheda film

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La recensione su L'uomo che vide l'infinito

di alan smithee
5 stelle

locandina

L'uomo che vide l'infinito (2015): locandina

“Ogni numero finito positivo è amico di Ramanujan”.

La vicenda umana, così straordinaria da apparire quasi impossibile, che rese il giovane e povero indiano Srinivasa Ramanujan un esponente di punta della prestigiosa università di Cambridge dalla vigilia del primo conflitto mondiale all’immediato suo epilogo, e di li a poco ad essere considerato uno dei più brillanti ed intuitivi matematici del ‘900, aveva tutte le carte in regola per meritarsi una trasposizione cinematografica.

L’incredibile potere intuitivo del ragazzo, pressoché autodidatta nell'estrema povertà dettata dalla sua condizione di indigente, ma in grado di tener testa ad eminenti professori e luminari matematici universalmente riconosciuti, la sua passione in grado di permettergli un viaggio fino a quel momento ritenuto impensabile; la storia di un’amicizia ed un affetto tra due persone così diametralmente opposte per natali e circostanze, ma unite da una passione che li unisce oltre l’auspicabile; la discriminazione di ambienti chiusi alla novità e restii ad ammettere chi si presenta al di fuori di ranghi di una certa posizione; la fede che accompagna l’uno e manca completamente all’altro (“un’equazione non ha significato a meno che non rappresenti un progetto di Dio”); la complicità tra matematici che va oltre lo status sociale laddove la riconoscenza e l’ammirazione lasciano il posto alla diffidenza e all’invidia.

Dev Patel, Jeremy Irons

L'uomo che vide l'infinito (2015): Dev Patel, Jeremy Irons

Sono molti gli spunti che rendono interessante la straordinaria vicenda di una amicizia e collaborazione che furono tanto brevi quanto potenti ed intense.

Peccato che il regista esordiente Matt Brown, a cui non si chiedevano miracoli di rappresentazione, ma semplicemente il lucido resoconto di una straordinaria amicizia costruttiva e fondamentale per i processi di scoperta dell’umanità intera, si perda in dettagli e moine inerenti la pur drammatica vicenda personale del brillante studente indiano, inzaccherando il film di fiacchi e sdolcinati parentesi sentimentali che suscitano tedio e sprecano il valido e concitato sviluppo della vicenda di base.

Quanto agli interpreti, sia Jeremy Irons che il divo indiano Dev Patel si sforzano di risultare credibili e il loro lavoro risulta apprezzabile, così come piacevole risulta l’apporto di validi e noti caratteristi come Toby Jones, Jeremy Northam (interpreta il matematico ) e Stephen Fry, impegnati in ruli minori ma tutt’altro che trascurabili.

locandina

L'uomo che vide l'infinito (2015): locandina

Il clamoroso errore di fondo sta, come già accennato, nell’eccessiva indulgenza della regia verso un sentimentalismo spicciolo e melodrammatico rivolto alla situazione “indiana”, alla famiglia di appartenenza; circostanza che provoca presto una certa intolleranza, quasi un imbarazzo, e che rovina e spreca molta della passione e del nerbo che invece il film in certe occasioni dimostra di saper ostentare, quando si focalizza e concentra sul confronto tra due uomini, due culture, due modi di pensare, ed un'unica grande incognita che spinge l’uomo a dannarsi per trovare una risposta alle implacabili incognite di un mondo per certi versi perfetto in modo matematico.

“le formule esistono già, non bisogna crearle, solo scoprirle”.

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