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L'uomo che vide l'infinito

Regia di Matt Brown vedi scheda film

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La recensione su L'uomo che vide l'infinito

di mc 5
7 stelle

Non è esattamente agevole per me esprimere un giudizio su questo film. E non perchè l'opera implichi qualcosa di complesso, anzi è forse fin troppo semplice la chiave del film. Il problema è che, pur nell'ambito di una regìa professionale, di una storia (verissima) dolorosa, e di un cast azzeccatissimo, insomma, tutto sa di convenzionale e di prevedibile. Intendiamoci, il film racconta una storia importante e che può far riflettere, ma lo fa seguendo uno schema troppo risaputo e (chiedo scusa per la ripetizione ma forse userò ancora questa parola che mi pare sintetizzi al meglio il mio giudizio) "convenzionale". Perchè poi io non rifuggo affatto (a volte ce n'è davvero bisogno) un' impostazione classica, o teatrale, o tradizionale. Infatti detesto quando si vuole artificiosamente inseguire la provocazione (vedi quella porcata immane di "Neon Demon"), tuttavia quando la tradizione si adagia troppo sulla chiave da "romanzone", beh, comincio a nicchiare. E quasi son già pentito di questa mia partenza forse troppo perplessa se penso che il film è tutto sommato "un buon film", oltretutto apparentemente sincero e rigoroso. Ma diciamo comunque che tutta questa narrazione agiografica implicante sofferenza e sacrificio insistiti, non è che sia esattamente nelle mie corde. Se posso fare un paragone (che non si dovrebbero mai fare, lo so) il film sulla vita di Alan Turing interpretato meravigliosamente da Benedict Cumberbatch, a mio avviso era molto migliore, ancorchè anch'esso basato su un impianto assai classico. Sì, decisamente in quel caso era tutto molto più appassionante in quanto meno incline al "drammone". In sostanza è la storia vera di un giovane matematico indiano dal nome impronunciabile che vorrei evitare di dover scrivere, il quale riuscì, in forza unicamente di un cervello prodigioso, a veder accolte le proprie teorie sui nuimeri che lo fecero entrare nell'olimpo dei più grandi matematici di sempre. Ma siccome -lui di origini umilissime e misere- aveva sempre anteposto la passione per la matematica a qualunque cosa -perfino agli affetti- si trascurò quando ebbe i primi sintomi di una tubercolosi che lo condannò a morte a soli 32 anni. Il film racconta la sua vita ma punta soprattutto ad evidenziare il meraviglioso (nel film espresso con toni toccanti che sollecitano la commozione, lo ammetto) legame di profonda amicizia scaturito tra lui e un luminare inglese della matematica, il quale superò ogni differenza di censo e di cultura che li separava in nome di una umana solidarietà da cui tutti dovremmo imparare qualcosa. Insomma, concludendo, diciamo che questo tono che vira dal drammatico al commovente è sia il punto di forza del film (quello che coinvolge di più lo spettatore) ma è al contempo l'elemento che ne fa un'opera piuttosto prevedibile e -scusate l'ennesima ripetizione- "convenzionale". La regìa di Matthew Brown è senza infamia e senza lode (come ci si può facilmente aspettare da un prodotto del genere. Jeremy Irons è bravo da paura, pieno di risvolti e sfumature, ma che fosse un grande lo sapevamo già. Dev Pavel è molto efficace, direi perfetto per questo ruolo. E Toby Jones è quel gigante che ben conosciamo (mi scuso ma mi è venuta così, non era per nulla una battuta, perchè lui è un attore formidabile, a dispetto della sua bassa statura).
Io lo consiglierei, è un film più che dignitoso. Ma con tutti i limiti di un'impostazione troppo...."convenzionale".

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