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Enclave

Regia di Goran Radovanovic vedi scheda film

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La recensione su Enclave

di Mulligan71
8 stelle

La storia tragica dello sgretolamento della ex Jugoslavia, non smette di alimentare il miglior cinema della tormentata geografia balcanica. Quest'ottimo lavoro del serbo Radovanovic, sposta il mirino, è il caso di dirlo, sul Kosovo, terra serba, prima, albanese, ora, oggetto di un contendere sanguinoso e infinito, nel solito micidiale miscuglio di etnie, storia e religioni. "Enklava", fin dal titolo esplicita il problema: se il Kosovo, prima di autoproclamarsi indipendente dalla Serbia, è stato, a sua volta, un'enclave, una regione a sé stante in territorio serbo, dopo la guerra e il ritiro delle milizie di Belgrado, le parti si sono invertite, gli albanesi ne decidono le sorti e i pochi serbi rimasti, protetti dalla KFOR, una forza cuscinetto di soldati dell'ONU, vivono isolati in piccole comunità, costantemente a rischio ritorsioni. Siamo nel 2004, le macerie sono ancora fumanti e in una di queste piccole zone franche, cresce Nenad, ragazzino serbo, che ogni giorno, a bordo di un blindato KFOR, raggiunge la scuola, unico alunno, e prova a crescere in un territorio ostile. L'unica persona con cui può giocare, è il nonno morente. L'intenzione, riuscita, di Radovanovic, è di dare lo sguardo e la speranza a un pugno di ragazzini, che superando le incolmabili distanze degli adulti, possano aiutare le nuove generazioni a guardare, in qualche modo, al futuro e ad una nuova, difficile, convivenza pacifica. Il regista evita ogni tipo di trappola melodrammatica, il film è duro e sincero, gli uomini e le donne hanno tutta l'asprezza di una vita fatta di poche cose e di lutti, e i ragazzini, tutti bravissimi, ne sono, in qualche modo, l'emanazione, ma con l'anima meno indurita rispetto ai genitori. E' un film che pur essendo serbo (in parte finanziato anche dai tedeschi) non parteggia solo per la parte più ovvia, ma, come nelle migliori pellicole di genere, prova a dispiegare un racconto più universale. Un lavoro lontanissimo, quindi, da una predica buonista e hollywoodiana, dove nessuno ancora è pronto davvero a volersi bene. Film che la Serbia ha deciso di candidare agli Oscar, per la categoria "miglior film straniero". Anche questo è un bel segno dei tempi che cambiano. Molto buono.

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