Regia di Kevin Costner vedi scheda film
Durante la guerra di secessione, il tenente nordista John J. Dunbar (Costner), dopo un tentato suicidio scambiato per un atto eroico, viene promosso e gli viene data la possibilità di scegliere la sua prossima destinazione. Lui decide per la frontiera, perché vuole vederla “prima che scompaia”, e viene spedito a Fort Sedgwick, scalcinata e abbandonata postazione militare situata in territorio indiano. Solo nel bel mezzo di una zona ostile, inizialmente in compagnia soltanto del suo cavallo e di un lupo grigio e magrissimo che di tanto in tanto passa a trovarlo, Dunbar incontra una tribù di indiani Sioux, ne apprende i costumi e impara a rispettarli. Uno dei film più famosi della storia del cinema, successo planetario e pluripremiato agli Oscar (sette statuette, tra cui miglior film e miglior regista), Balla coi lupi segna l’esordio come regista del divo Kevin Costner ed il ritorno in grande stile del genere western, all’epoca in netto declino. Film segnato da varie difficoltà produttive, fu voluto a tutti i costi dal suo regista-interprete, da sempre sostenitore dei diritti del popolo nativo-americano. In realtà, come si legge anche nella recensione di FilmTv, a guardar bene il tema portante, ovvero la presa di posizione in favore degli indiani contro i soprusi dei “macellai” bianchi, non è poi così nuovo come potrebbe sembrare. Basta pensare che, fin dagli anni Cinquanta, molti western sposarono questo punto di vista: da L’amante indiana a La tortura della freccia (entrambi ricordano molto da vicino la storia raccontata qui), fino ad arrivare a Soldato blu, Piccolo grande uomo e Un uomo chiamato cavallo. E anche la storia dell’uomo che impara ad apprezzare il nemico e passa dalla sua parte è stata utilizzata varie volte al cinema (non ultimo, con Avatar). Ciò che però fa di Balla coi lupi un grande film è l’afflato epico del racconto e l’onestà di Costner, percepibili in ogni inquadratura. La bellezza delle immagini, dei grandi spazi della frontiera sono restituite in tutto il loro splendore, come insegnatoci dai grandi classici del genere. Inoltre la potenza del messaggio prevale su qualche piccola percezione di furberia registica, ammantando il film di una commozione e di una emozionalità del tutto autentiche. Indimenticabili sono il rapporto “a distanza” di Dunbar con il lupo, che lui chiama “Due calzini” per il colore bianco delle zampe anteriori, o la trascinante storia d’amore con “Alzata con pugno”, donna bianca allevata dai Sioux che diventerà sua moglie, o ancora l’amicizia con “Vento nei capelli”, che nasce da una iniziale diffidenza e culmina nello straziante grido finale tra le montagne (“Lo capisci che sarò tuo amico per sempre?”). Tra le righe, Balla coi lupi sostiene inoltre un importante umanesimo di fondo: “Stavo pensando che di tutte le piste di questa vita, la più importante è quella che conduce all’essere umano”, dice lo sciamano indiano “Uccello Scalciante”, in un memorabile dialogo improntato al rispetto ed all’amicizia reciproci. Temi vecchi come il mondo, forse, ma esposti con una forza ed una lucidità impressionanti. Ricordo ancora la prima volta che lo vidi in tv, molti (aimè) anni fa: Kevin Costner divenne per me un mito, perché attraverso il suo film avevo imparato, io che ero appena un ragazzino, a distinguere per la prima volta gli oppressi dagli oppressori. Rivedendolo oggi per l’ennesima volta, le emozioni restano intatte. E questo non può non farmi pensare che si tratti davvero di un grandissimo film.
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