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Mountain (II)

Regia di Yaelle Kayam vedi scheda film

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La recensione su Mountain (II)

di Spaggy
8 stelle

Nella religione chassidica il sesso è spesso considerato un tabù o un argomento da uomini. Non è così per la giovane regista Yaelle Kayam al suo primo lungometraggio. Mountain racconta infatti gli effetti che la mancanza di sesso con il proprio marito ha su Tzvia, una giovane donna madre di quattro piccoli figli. Sposata con Reuven, uomo dedito al Talmud e a mille impegni legati alla loro religione, Tzvia vive nel regno dei vivi, una piccola abitazione circondata per tre lati da un cimitero e trascorre le giornate tutto il tempo da sola, a cucinare, a pulire casa e a fumare. Nessun guizzo segna la sua esistenza quotidiana, se non qualche sporadico incontro con donne alla ricerca di un bagno durante la sepoltura o con Abed, l'operaio palestinese che lavora nel cimitero. Complice l'ennesima discussione con il marito, una notte Tzvia esce di casa per prender aria quando alcuni gemiti attirano la sua attenzione: su una lapide, una coppia è intenta a fare sesso. Ciò instilla in lei una curiosità quasi morbosa che la porterà notte dopo notte a stringere un'anomala relazione con le due prostitute che hanno scelto i vialetti del cimitero per battere e con i loro papponi. Mortificata nel corpo e nello spirito, finirà per prendere una decisione flaubertiana utile a ristabilire quell'equilibrio improvvisamente venutole a mancare.

scena

Mountain (II) (2015): scena

 

Ambientato sul Monte degli Ulivi, Mountain unisce fantasia, sentimenti e mitologia, per raccontare del dolore fin troppo represso di Tzvia. Nella suggestiva location in cui si incrociano due chiese e una moschea con tre differenti religioni (ebraica, musulmana e cristiana), ha luogo una vicenda che trova ispirazione in un racconto del Talmud, quella del rabbino Hiyya che non prova più desiderio per la moglie costringendola a far di tutto per riacquistare le sue attenzioni.

Senza mai spiegare i motivi che portano il marito a non cercare più il corpo di Tzvia, Mountain si concentra dapprima sulle dinamiche familiari, sottolineando come la donna non sia realizzata né come moglie né come madre, anche a causa di una primogenita sempre più rivale e catalizzatrice delle attenzioni di Reuven. Dal momento della scoperta del giro di prostituzione, invece, un ulteriore dicotomia caratterizza il film: l'opposizione tra la 'donna giusta' e la 'puttana', che spinge la protagonista a invidiare letteralmente le due prostitute e i loro incontri all'aria aperta (senza contare come in realtà una delle due meretrici sia colei che a un primo sguardo capisca quale siano le motivazioni che portano Tzvia a far visia loro tutte le notti).

Grande pregio del film è poi quello di ambientare la vicenda fuori dal tempo, mettendo da parte tutte le questioni sociopolitiche che interessano Israele e Palestina, mai accennate.

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