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Lo chiamavano Jeeg Robot

Regia di Gabriele Mainetti vedi scheda film

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La recensione su Lo chiamavano Jeeg Robot

di Texano98
8 stelle

Dopo Suburra, un altro centro del nuovo cinema di genere italiano

Se ci pensate, quei film italiani usciti una cinquantina d'anni fa che tutti continuiamo a ricordare sono quasi tutti di genere. Negli anni '60 non era il cinema d'autore per antonomasia a trionfare, ma piuttosto filoni come la commedia all'italiana o lo spaghetti western (e va bene anche il peplum, ma per poco), uniti a uscite di grandi registi come Antonioni o Pasolini. Con la fine del periodo d'oro del cinema di genere, in modo definitivo dai primi anni '80 in poi, l'Italia del cinema si è trovata davanti a un deserto: se prima era facile trovare almeno un paio di grandi pellicole per ogni annata, la ricerca per produzioni cinematografiche degne di tal nome si complica di anno in anno, costringendoci a non cercare più fra le uscite di alcuni mesi, ma di interi anni. Tanti anni sono passati dai tempi che furono, ma per fortuna a cavallo del 2015/2016 abbiamo avuto due ottime uscite come Suburra e questo Lo chiamavano Jeeg Robot (non contando il magnifico dramma di Non essere cattivo sempre con Marinelli), che da soli fanno "il mazzo" all'ultimo plastico film di Sorrentino, che sulla carta (e solo i cartai intontiti ci possono credere) dovrebbe essere la punta di diamante del nostro cinema d'autore contemporaneo. Non a caso anche le opere migliori di Sorrentino sono di genere, come il gangster movie glaciale de Le conseguenze dell'amore o quello pirotecnico de Il divo, prima che egli si facesse divorare da Giovinezze che di giovane non hanno nulla, solo un po' di presunzione; ma andiamo oltre dato che non stiamo parlando di tal film che fral'altro ai tempi mi piacque abbastanza, il punto è che non mi ha lasciato nulla se non l'odore (delle case) dei vecchi. 

 

Il protagonista del film, Enzo, vive nella periferia "fuori dal mondo" di Roma. Un giorno per sfuggire a due malviventi che vogliono ucciderlo si nasconde nelle acque sporche del Tevere, inciampando malvolentieri dentro a un bidone pieno di rifiuti radioattivi sommerso (citazione a Il vendicatore tossico della Troma), fuoriuscendo e divenendo... beh, potete immaginarlo. Un supereroe, anche se più che comportarsi come tale Enzo rimane lo stesso di prima: un malavitoso sfigato che guarda porno e mangia yogurt, che se ne infischia di aiutare il prossimo e che vuole soltanto salvarsi la pelle. Con i poteri che ha non pensa nemmeno a fuggire da quel luogo in cui è imprigionato, lui vive ma non ragiona, è una preda che giorno dopo giorno cerca di conquistare nuovo tempo per respirare, i piani a lungo termine non fanno per lui. L'ambiente in cui vive è pieno zeppo di malavitosi, di persone senza alcun briciolo di coscienza, ma anche di persone emarginate come Alessia, ragazza che vive fuori dal mondo, "con dei problemi" dicono velocemente nel film (anche se in alcuni momenti mostra un'inaspettata lucidità), la quale per fuggire alla realtà nella quale è costretta viaggia nel mondo del suo anime preferito: Jeeg Robot. Ecco qui la citazione al mondo dei supereroi, perché la realtà del film è molto più cruda e pesante di quella di qualsiasi mondo fumettistico ricreato dai grandi studios. In questo film si respira la sofferenza di chi viene costretto a vivere in quello che è un inferno in terra delimitato da dei muri invisibili, aspetto comunicato con grande forza da quello che è "semplicemente" un film d'intrattenimento e che invece schiere di altri film pseudo-impegnati non sono ancora riusciti a fare, annegando tutto con mari di moralismi e melassa. Oltre a offrire uno spaccato di quest'Italia dimenticata e putrescente in una crisi perpetua, il film ci dona del grande intrattenimento: sparatorie e scazzottate fra black humour acido e romanismo, il tutto inserito in un contesto dai mezzi consapevolmente ridotti ma che contribuisce a dare un'aria tutta nostrana al film, non risultando come una banale importazione di marchi esteri ma anzi un'opera che solo noi avremmo saputo girare in questo modo. Se Petri realizzando La classe operaia va in paradiso dichiarava che era un film creato in ottica operaia e destinato agli operai, questo Jeeg Robot è senza dubbio realizzato da una persona disgustata dall'ipocrisia del bel paese e dedicata alle masse di gente abbandonate dallo stato. Certo date le citazioni alla Troma, a Fulci (i cani che sbranano l'ex scagnozzo de Lo zingaro mentre egli si gusta le grida compiaciuto ricorda l'incipt di Tempo di massacro) e a Romero (il graffito che raffigura la locandina di Creepshow) mi sarei aspettato un occhio di riguardo per lo splatter, ma anzi Mainetti contrappone alla leggerezza di alcune scelte una durezza di temi e di atmosfere che non rendono il film una parodia ai supereroi innocua come Kick-Ass, ma un film sì divertente e d'evasione, che peró consiglierei solo a un pubblico di una certa maturità. 

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