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Gli ultimi saranno ultimi

Regia di Massimiliano Bruno vedi scheda film

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La recensione su Gli ultimi saranno ultimi

di mc 5
9 stelle

Me ne sono fatto una ragione, d'altra parte non è la prima volta che mi succede. Solo che stavolta ne sono un pò più stupito del solito. Cioè che un film trattato malino dalla critica a me sia piaciuto tanto. E anche in sala sta deludendo, avendo debuttato al box office con un risultato discreto ma notevolmente inferiore alle aspettative. In buona sostanza pare che questa svolta palesemente drammmatica di un regista specializzato finora in commedie non sia stata premiata dalla critica e poco anche dal pubblico. E invece quel pirla del sottoscritto si è emozionato quasi fin sulla soglia della commozione. Parlavo di svolta. E lo è, alla grande, e oltretutto mi pare anche sincera e sentita. Il buon Massimilano Bruno viaggiava tranquillo con all'attivo un discreto numero di commedie, alcune di buon livello altre discutibili, comunque tutte lodate da quella stessa critica che ora pare non perdonare a Bruno questa scelta verso il dramma doloroso e malinconico. Chi mi conosce sa quanto io -lo assicuro: non sono un tipo serioso!- detesti il genere "commedia brillante" e vada cercando sempre più spesso pellicole noir o drammatico-sentimentali. Per il semplice fatto che le commedie (sia americane che italiane) mi si passi l'ardito francesismo ma mi fanno sempre più cagare. E nel contempo le suddette sono poi quelle che fanno tirare sospiri di sollievo sia agli esercenti di sale e multisale sia ai produttori, essendo queste due categorie ovviamente sempre lì a fare calcoli, bypassando (altrettanto ovviamente) qualunque valutazione di gusto cinefilo. In questo scenario (aspettando come si aspetta l'apparizione della madonna dei miracoli il nuovo "epocale" Zalone e nel frattempo sperando in Pieraccioni) ecco che Bruno si lancia in un'operazione suicida: cambiare totalmente verso e mettere in scena un progetto che parla di...disperazione di una famiglia proletaria romana alle prese con una deriva psico-umana di una crudezza lancinante. E per farlo conta su ottimi attori protagonisti (peraltro popolarissimi) e su un manipolo di caratteristi bravi da far paura. Sortendo un risultato che lascia stupiti per rigore, per scrittura, e per credibilità. Sì, c'è qualche siparietto brillante nella prima parte, ma sempre con un retrogusto amarognolo che non abbandona mai il film, per poi sfociare -in un precipitare drammatico degli eventi- verso un finale che grida dolore e disperazione (fatto salvo un vero finale pochi secondi prima dei titoli di coda sul quale è proibito soffermarsi per non incorrere nello spoiler). Una delle doti positive di quest'opera è quella di costruire sapientemente nella primissima parte tutto un mondo, assai realistico, composto di un microcosmo provinciale di poveri cristi che navigano a vista nel condurre le loro vite ormai proletarizzate e precarizzate cercando però di non perdere mai la dignità. Ed è in questo contesto che matura il dramma di Luciana e Stefano, due persone fondamentalmente buone ma...lui con la tendenza a fare un pò la canaglia irresponsabile e lei troppo fiduciosa in un destino che farà di lei carne da macello (o da discarica). Un film che -e lo dico senza voler avallare eventuali pretese sociologiche- fotografa con un certo realismo (almeno quanto può farlo un prodotto di cinefiction) un ambito sociale piuttosto malmesso come quello attuale. Quello cui gli 80 euro di Renzi gli fanno un baffo. Le immagini di questo nucleo sociale, questa comunità coi suoi personaggi di cui alcuni volutamente caratterizzati con toni macchiettistici proprio per identificare certe peculiarità umane che regalano sapore alla pellicola, queste immagini dicevo, sono in molti casi vivide e incisive. E questo sfondo, che altrove potrebbe essere uno sfondo su cui imbastire una commedia, qui diventa il massimo per poterci allestire un dramma trabordante di dolore e sofferenza. La coppia aspetta un bambino, a lungo desiderato. Ma è proprio quando Luciana avrebbe bisogno di serenità che il mondo (tutto il suo mondo: dal marito a certe presunte amiche fino al datore di lavoro) gli si rivolge contro, accanendosi con violenza su una creatura che cerca solo un pò di pace, una donna che non ha mai avuto niente senza lottare con fatica e con rabbia. Gli eventi precipitano fino ad un rendez vous finale di indicibile tensione, che finisce a far da sottofinale ad un vero finale (cui sopra accennavo) sul quale si può discutere, dato che ribalta la tensione accumulatasi fino a quel momento (secondo alcuni un finale geniale, secondo altri una conclusione inopportuna e posticcia: de gustibus). La tensione montante che accompagna lo spettatore verso il finale è carica di una drammaticità a tratti difficilmente sostenibile. Merito di attori straordinari. Una Paola Cortellesi (Bruno ha costruito il copione su misura per lei) semplicemente fantastica, una donna che pare abbia raccolto su di se' tutto il Negativo del mondo. Gassman sempre più istrione come il padre (il quale -lo dico spesso- se fosse ancora vivo sarebbe orgoglioso di questo figlio). Un Fabrizio Bentivoglio azzeccatissimo in questo ruolo di poliziotto sfortunato che cerca un riscatto ad una vita che finora lo ha sempre castigato (c'è bisogno che spieghi che questa è innanzitutto una storia di PERDENTI?). Poi i caratteristi, uno più bravo dell'altro, tutti perfetti, anche in ruoli minori. Tra questi segnalo una bellissima e brava Irma Carolina De Monte in un ruolo di parrucchiera-cubista che nasconde un "segreto speciale" che lo spettatore scoprirà. Un film pieno di pregi in cui la critica ha visto -pare- solo difetti. Andatelo a vedere e ve ne farete un'idea vostra. PS: verso il finale appare uno splendido montaggio cui fa da meraviglioso sottofondo quel capolavoro che è "Quello che non c'è" degli Afterhours, che fa il paio con un'altra gemma fuori dal tempo: "Oh my love" con Katyna Ranieri che canta Riz Ortolani (da pelle d'oca) a sottolineare la scena più drammatica dell'intero film.

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