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La voglia matta

Regia di Luciano Salce vedi scheda film

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La recensione su La voglia matta

di degoffro
8 stelle

Cosa succede se un ingegnere elettromeccanico di successo, Antonio Berlinghieri, separato, con figlio in collegio, affascinante, donnaiolo, egocentrico e sicuro di sé, entra casualmente in contatto con una comitiva di ventenni in vacanza, frizzante, spigliata, allegra ed in vena di ripetuti scherzi e battute, principalmente ai suoi danni? Il suo amor proprio ne esce quanto meno a pezzi: si pensi per esempio allo scambio di battute tra Antonio e Francesca: "Quando ridi dimostri dieci anni di meno." dice la ragazza. "Quanti?" chiede incuriosito Antonio. "Una quarantina." riprende Francesca. "Beh, quando sto serio..." puntualizza Antonio. "No, quando ridi." ribadisce la ragazza. "Ne ho trentanove." afferma sconsolato l'ingegnere. Figurarsi poi quando l'uomo, nonostante le iniziali perplessità ("Molto secca, si vedono le costole" è uno dei suoi primi commenti) perde letteralmente la testa per Francesca, una ragazza della compagnia che, con il suo atteggiamento provocante e seducente, gli fa credere di essere interessata a lui. Si illude di poter tornare giovane ed essere all'altezza di quei ragazzi scafati ed audaci, ma, anche dopo alcune grottesche umiliazioni, il risveglio sulla spiaggia, a conclusione di una lunga giornata di baldorie, sarà all'insegna della disillusione e della nostalgia. Una bella ed inattesa lezione di vita, non c'è che dire, per uno che pensava di avere sempre la verità in tasca. Seconda collaborazione tra Luciano Salce e Ugo Tognazzi, dopo l'ottimo "Il federale", "La voglia matta" è una commedia di costume brillante, matura, estremamente verosimile e sfaccettata, soprattutto nella vivace descrizione dei due caratteri principali. Salce, senza facili bozzettismi o biechi luoghi comuni, racconta un confronto generazionale in cui se da un lato l'adulto si segnala per la sua vanitosa e sterile presunzione, collezionando figuracce a iosa pur di dimostrare invano la sua millantata giovinezza e la sua perenne vitalità, dall'altro anche le nuove generazioni, nella legittima e comprensibile superficialità e goliardia dell'età, non brillano certo per trasparenza e correttezza. Il riso si stempera così nell'amarezza, come nella migliore tradizione della commedia all'italiana. Ugo Tognazzi è al solito formidabile, specie quando ironizza tra sé e sé sui ragazzi ("Noi alla loro età eravamo così? No, io di certo!") esprimendo il desiderio di mandarli "a zappare la terra col piccone in Kenya" ma la tentatrice e maliziosa Catherine Spaak ("Io ormai ho capito tutto della vita!"), avvezza in quegli anni al ruolo di avvenente lolita ("I dolci inganni" e "La calda vita"), gli tiene degnamente testa. Momenti cult: il sogno dell'ingegnere, ormai sposato con Francesca che, vestita da bambina, gioca a palla nel suo studio mentre lui parla di lavoro con un collega; la corsa in auto a 150 all'ora ("Centocinquanta! A questa velocità è morto James Dean. Bello!"), o il viaggio con Francesca sul cofano dell'auto ("Adesso fermati" dice la ragazza "Perché?" chiede l'ingegnere. "Perché c'è la polizia!" replica Francesca). Ma da ricordare ancora lo scherzo al cimitero, la dichiarazione d'amore dell'ingegnere ("Io ho una voglia matta di te, Francesca!") ignaro che tutta la compagnia si sta sbellicando dalle risate ascoltandolo dietro una tenda, la gara di fisicità con tutti i ragazzi e l'ingegnere a mostrare i loro pettorali, l'imbarazzante racconto della barzelletta da parte dell'ingegnere, il faticoso bagno in mare con rischio di annegamento per Antonio che, ancora una volta, sopravvaluta le sue possibilità. Battuta celeberrima: "Mai mettere la donna sul piano sentimentale, sempre orizzontale!", ma niente male anche "Mussolini chi? Il padre del pianista?". Ancora oggi modernissimo, soprattutto di questi tempi, per l'impietosa lucidità con cui mostra il disagio, l'imbarazzo e quindi anche la patetica goffaggine di un quarantenne che fatica ad accettare l'inesorabile trascorrere dell'età e che, a contatto con dei ragazzi, svegli e spregiudicati, vorrebbe comportarsi ancora come loro, divenendone però solo il penoso oggetto della pesante e facile ironia. Caro, glorioso, cinema italiano del tempo che fu: una profondità di sguardo, una sobrietà ed un'intelligenza di linguaggio e di messa in scena, una finezza di recitazione invidiabili. Con il sorriso sulle labbra si poteva parlare di tutto, anche di argomenti che all'epoca potevano essere considerati quasi scabrosi, elaborando riflessioni tutt'altro che banali e scontate. Tratto dal racconto "Una ragazza di nome Francesca" di Enrico La Stella. Scritto dal regista con Castellano e Pipolo. Musiche di Ennio Morricone. Piccola comparsa di Salce nei panni di un collega del protagonista. Pare che sul set Tognazzi, prendendo troppo alla lettera la sua parte, abbia tentato invano di conquistare la giovanissima Catherine Spaak, suscitando la reazione stizzita della ragazza, con la conseguenza che i due non si sono più parlati per tutta la lavorazione del film. Ambientato durante un weekend estivo, è stato in realtà girato nel novembre 1961, in giornate particolarmente fredde con tutte le conseguenze del caso per gli attori. Ha avuto le sue sventure con la censura tanto da essere vietato ai minori di 16 anni.

Voto: 7 e mezzo.

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