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La grande scommessa

Regia di Adam McKay vedi scheda film

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La recensione su La grande scommessa

di champagne1
6 stelle

Parlare della crisi senza una vera critica al sistema ha senso?

Bene. Pare che si possa cominciare a parlare della grande crisi economica che ancora ci attanaglia e delle sue origini e che lo si possa fare apparentemente in tanti modi diversi: nella mia fantasia mi aspettavo, che so,  un taglio politico (mostrando le reazioni dei cosiddetti Stati Sovrani al sovvertimento economico prodotto dalle Banche) o un taglio giornalistico (un "Watergate" sul perché e le famigerate Agenzie di rating hanno imbrogliato il sistema) o un taglio sociale (illustrando le vite paradigmatiche di alcune  famiglie stritolate dalla crisi stessa).

Adam McKay e i suoi sceneggiatori hanno invece mostrato il lato "ludico" della vicenda.

Perfettamente integrato nel sistema di cui sta parlando, il film mostra come le attente e puntuali considerazioni di alcuni broker, allertati da segnali che altri e ben più importanti personaggi non avevano saputo cogliere, porti coloro alla realizzazione di utili finanziari stratosferici.

Anche se il dubbio di fondo rimane: " se abbiamo ragione, allora abbiamo scommesso contro l'economia nazionale", dicono ad un certo punto due avidi e giovani investitori, senza che la considerazione però li turbi più di tanto.

Meno male che in altra parte del film il personaggio interpretato da Brad Pitt avverte che, per ogni punto percentuale di disoccupazione in più, ci sono 40.000 morti all'anno in più (negli USA).

Insomma: film comunque ben condotto, con taglio a volte quasi documentaristico ed educativo; attori tutti convincenti, ma una spanna sopra tutti, per me, Steve Carell (ma anche Christian Bale); regia volutamente nervosa, con una fotografia apparentemente approssimativa.

Eticamente però la critica al sistema è quasi pari a zero, e tutta concentrata in quel tono sarcastico usato a volte, per esempio anche per raccontare il finale (come poteva essere e come poi è stato) che indigna lo spettatore, ma non lo induce a farsi domande più profonde.

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