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Janis

Regia di Amy Berg vedi scheda film

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La recensione su Janis

di giorgiobarbarotta
8 stelle

Terzo film musicale in pochi anni alla Mostra del Cinema di Venezia: sono curioso. Dopo Questa Storia Qua del 2011, su vita e canzoni di Vasco Rossi, e Inni sui Sigur Ros, dello stesso anno, capito quasi per caso quest'anno in Sala Grande a vedere il documentario di Amy Berger su Janis Joplin. Presente a fianco della regista americana la nostra Gianna Nannini, ponte ideale tra mondi voluto dal direttore Barbera come ospite d'onore alla proiezione. Intuizione intelligente e simbolica. La rocker toscana, col timbro vocale da sempre fortemente caratterizzato, roco e aggressivo, è un buon accostamento all'universo musicale USA della metà-fine anni sessanta anche per chi non conosce quella scena canora e culturale. Da Port Arthur in Texas all'esplosiva San Francisco di quell'epoca, dal piccolo mondo medio-borghese alle prese con brutti concorsi di bellezza, gretti e provinciali, alla libertà espressiva e sessuale della west coast. Dalla pesante ombra del Ku Kux Klan al blues e alla musica nera tutta. Un balzo quantico altrove. Attraverso l'archivio lettere della protagonista, una ragazza sensibile, fragile e talentuosa, ma anche determinata, ambiziosa e con le idee chiare sul suo futuro, la pellicola si snoda tra mondo personale e carriera in folgorante ascesa di una delle icone pop più interessanti di sempre, pregna di ideali anticonformisti, emancipata, intraprendente. Dalla famiglia d'origine ai grandi festival che hanno segnato la storia, Monterey, Woodstock. Le storie d'amore, le canzoni, le band, la solitudine, la droga. E soprattutto quel rapporto interpretativo, fisico, spiazzante con la voce, con se stessa e col pubblico, che da sempre ne ha costituito il tratto distintivo. Con sincerità e con puntuale e sobrio piglio cronachistico, partecipato e schietto, il ritratto fedele di una donna unica. Fino al triste finale, noto a tutti. Commozione alla prima sui titoli di coda. Accolto con dieci minuti di applausi.

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