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Free State of Jones

Regia di Gary Ross vedi scheda film

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La recensione su Free State of Jones

di maurizio73
5 stelle

Schematico nel comporre il quadro di un conflitto giocato sulle opposte sponde di uno spartiacque paludoso tra i latifondi coltivati a cotone e i poveri campi di mais, riesce a trovare un buon equilibrio narrativo tra scorribande banditesche e conflitti personali, puntando sulla correttezza di una messa in scena comunque priva di guizzi particolari

Dopo aver disertato dalle fila delle truppe confederate in seguito alla morte del giovane nipote, il fabbro e contadino Newton Knight ritorna nella natia contea di Jones, dove si oppone alle regolari confische operate dall'esercito sudista ai danni della popolazione civile ridotta in miseria. Entrato in clandestinità, costituirà un esercito irregolare di schiavi fuggitivi e contadini ribelli che proclamerà un proprio stato indipendente fino alla fine della guerra civile ed alla vittoria dell'Unione con la promulgazione del XIII Emendamento che abolisce la schiavitù. Unitosi ad una ex schiava liberata, si batterà anche dopo la fine della guerra per l'applicazione del diritto voto della popolazione nera già vessata dal nascente Ku Klux Klan.

 

 

Affresco storico-biografico su di un personaggio apparentemente marginale della Storia Americana, il film di Gary Ross esalta l'epica antieroica di un Masaniello d'oltreoceano che tenta di promuovere le istanze di un libertarismo popolare contro le vessazioni del potere e le sperequazioni economiche alla base del conflitto civile. Nelle more di una rappresentazione romanzata che sembra dimenticare il solito, noioso realismo di una attendibile ricostruzione storiografica, si infila dritto dritto il discorso sulle motivazioni personali (il nipote morto) e ideologiche (la difesa classista e atirazziale) che consente di uscire dalla palude della semplice agiografia per farsi narrazione di più ampio respiro su di una pagina misconosciuta della guerra civile: attraverso le gesta di un novello Robin Hood del Mississippi che sottrae ai ricchi impedendo allo stesso tempo di rubare ai poveri e sfruttando la naturale protezione di una foresta di mangrovie al posto delle betulle e dei querceti delle più famose lande Nord Europee. Insomma, la storia si ripete quale inusuale variante del dramma storico sulle nefandezze del conflitto civile americano, non senza concessioni alla solita retorica buonista di un misconosciuto antesisgnano dei diritti civili e le necessarie semplificazioni sulle contraddizioni di un faticoso e lungo processo di emancipazione che ancora 80 anni dopo impediva ad un discendente bianco con un ottavo di sangue negro di contrarre matrimonio con una pulzella ariana degli stati del sud. Sebbene schematico nel comporre il quadro di un estenuante conflitto giocato sulle opposte sponde di uno spartiacque paludoso tra i latifondi coltivati a cotone e i campi di mais della povera gente, riesce a trovare un buon equilibrio narrativo tra scorribande banditesche e conflitti personali, puntando sulla correttezza di una messa in scena comunque priva di guizzi particolari o di memorabili scene madri. Abbastanza disomogenei invece appaiono gli inserti dei flashforward che ci riportano alle campanilistiche resistenze giuridiche e legislative allo spirito costituzionale federale e libertario che si accaniscono giustappunto sullo sfortunato discendente dell'indomito avo dedito ad una insana promiscuità razziale. Matthew McConaughey perfettamente in parte nel ruolo del barbuto cavaliere senza macchia di un Newton 'Knight' con cui condivide impressionanti affinità fisiognomiche.
Da vedere rigorosamente in lingua originale, per apprezzare lo slang razzista che appella gli adulti liberti con il dispregiatito termine 'boy' ed associa l'aggettivo 'nigger' ad un sinonimo comunemente usato come estensione per il più generale termine 'schiavo'.

 

Je so' pazzo je so' pazzo
si se 'ntosta 'a nervatura
metto a tutti 'nfaccia o muro
je so' pazzo je so' pazzo
e chi dice che Masaniello
poi negro non sia più bello?
...

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