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Creed - Nato per combattere

Regia di Ryan Coogler vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Creed - Nato per combattere

di emil
8 stelle

Adonis Jhonson (Michael B. Jordan) è il figlio naturale  di Apollo Creed, frutto di una scappatella del peso massimo: un infanzia passata tra un riformatorio e una casa famiglia, fino all'adozione della matrigna Mary Anne (P. Rashad, storica moglie del pugile, onnipresente nella saga), che lo accoglie in casa propria levandolo dalla strada. E che ha solo una paura: che il figlioccio calchi le orme del padre, la cui morte avvenuta sul ring ( Rocky IV) pende come una spada di damocle sul destino della famiglia.

 

Ma "Donnie" guarda un po' sceglie di combattere, riflettendo in questo il carattere spiccio e diretto del padre, e si trasferisce a Philadelphia alla ricerca dello "zio" Rocky Balboa, che nel frattempo, rimasto solo a piangere i suoi cari, gestisce l"Adrian's", un ristorante  che sembra più un mausoleo , tappezzato com'è di foto della carriera sportiva e della vita dell'ormai ex "Stallone Italiano", frammenti di un epoca che sembra rivivere solo nei sogni

Il ragazzo ha in mente un piano: farsi allenare da Balboa, per dimostrare al mondo e a se stesso , di essere degno del fardello pesantissimo che il suo cognome gli ha gettato sulle spalle.

 

Tecnicamente il film è molto valido, le riprese "face to face" in soggettiva in pieno ring sono efficaci e dinamiche; la camera fluttua (e noi con lei) tra un jab e l'altro, aiutata dalla bravura dei pugili antagonisti (tutti professionisti scelti da Stallone) e dall'ardore fisico  del protagonista ( forse solo nell'ultimo match ci si è fatti prendere un po' la mano), anche se siamo lontani dalla perfezione stilistica raccontataci da "Alì" di M. Mann (ma parliamo del numero uno).

 

Ma è come attacca i sentimenti questo "Creed - Nato per combattere" che stupisce. E' il modo in cui Stallone/Balboa (esiste una linea di confine fra i due?) si concede all'occhio impietoso della camera a far spavento. Come un vero "freak", sfatto e malato, l'attore  si sveste,  senza aiuto di retorica, dai panni di idolo , vestendo quelli del reietto a cui forse rimane  solo la ritrovata volontà di lottare. E' l'incontro proprio con Adonis che sancisce questa unione di intenti (il primo nella vita, il secondo sul ring)  a celebrare questo scambio di testimone nella saga.

 

Il film, nelle mani sapienti e sorprendenti dell'ottimo Ryan Coogler (anche sceneggiatore) è una dichiarazione d'amore per l'universo del pugile italo americano, un ufficiatura che passa attraverso oggetti (quando Mary Anne consegna al giovane Creed i pantaloncini che furono del padre prima dell'ultimo incontro, se avete amato la saga sentirete un "crack" al cuore), musica e persone morte, che oggi non ci sono più.

Un revival in perfetto equilibrio, così delicato e sommesso da far venire un nodo alla gola.

 

Balboa adotta il nipotino. 

E la sua città , Philadelphia, adotta Adonis Jhonson Creed.  

Lo si capisce in una delle scene più belle ed emozionanti del film, la lunga corsa in allenamento fin sotto la finestra dello zio Rocky. Oggi non si corre più accerchiati da bambini bianchi, ma da quad e motociclette guidate da neri. Ma il risultato non cambia, l'imperativo è lo stesso: "vincere".

 

Perchè si scrive Creed , ma si legge ancora Rocky.

 

 

 

 

 

 

 

 

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