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Regia di Arild Østin Ommundsen vedi scheda film

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La recensione su Mongoland

di leporello
6 stelle

Nella notte di Natale di Stavanger, una cittadina affacciata sul Mare del Nord della Norvegia meridionale, Pia (Pia Tjelta) e Kristoffer (Kristoffer Joner) vivono e rivivono la loro romantica e tormentata storia d’amore nell’ambito di una festa (estremamente alcolica) insieme ad alcuni dei loro amici. Pia è tornata appositamente in patria dopo un viaggio durato sei mesi per tentare di riallacciare il rapporto col suo (ex?) fidanzato, così come erano rimasti d’accordo il giorno in cui si erano lasciati in quella che è la tipica “pausa di riflessione”. Kristoffer è un tipo estroso, imprevedibile, cantante di una piccola rock band locale che aspira ad incidere qualcosa, attore per amore, fan di Christopher Walken (omen nomen...) del quale conosce a memoria ogni battuta, pieno di complessi e di fobie che lo rendono fragile ed insicuro. Pia è invece una ragazza determinata ed estremamente concreta, lineare e sincera, innamorata del suo ragazzo e pronta a condividere con Kristoffer anche le difficoltà di costui.
Alternando le scene del presente girate in bianco e nero con i flash back a colori (la prima delle “stravaganze”di questo film), Arild Østin Ommundsen, classe 1969 e originario proprio di Stavanger, che otterrà un buon successo anche internazionale più tardi, nel 2013, con il film “Eventyrland” (tutt’altro genere e tutt’altro registro), con quell’ironia nordica che è solo in apparenza poco empatica col modo di sorridere mediterraneo e che invece, solo al costo di un piccolo e gradevole sforzo dello spettatore, può facilmente esserci del tutto familiare ed assonante, punteggia di tanti siparietti un piccolo spaccato di follia pazzoide semplice, efficace, di intrattenimento al limite del favolistico (l’amico che si crede, o è davvero, Babbo Natale), a tratti intimistico (le paranoie di Kristoffer e del loro amico Vegar in materia sessuale), leggero senza scadere mai nello stupido, con segmenti di ilarità pura ritagliati qua e la per la festa (il personaggio di Marko con la sua mazza da baseball di plastica è una maschera degna dei libri di Fantozzi...).
Rimangono purtroppo alcune pecche evidenti nella mancata soluzione di tutte le casistiche che non siano quelle della vicenda di Pia e Kristoffer sviscerata fino allo spasimo a scapito forse di tutto il suo contorno (che ne è, ad esempio, della graziosa Silje/Silje Salomonsen, moglie del regista e futura protagonista di Eventyrland, e del misterioso pisello del suo ragazzo? E dell’auto d’epoca di Wayne, immigrante inglese, finita contro un palo mentre inseguiva il suo destino?) , ma il film è tutto sommato piacevole, un po’ acerbo ma convincente, un ritmo freddo (com’è giusto che sia in Norvegia) ma mai distante, alcuni spunti (il desiderio di neve che pare che a Stavanger non voglia cadere mai, le tradizioni dissacrate con garbo simpatico e goliardico) che incollano bene il quadro alla cornice, lasciando un film piacevole da guardare con la dovuta spenzieratezza.

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